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Un balletto a schidionata

di Gabriella Gori
  Don Chisciotte
Data di pubblicazione su web 22/02/2010  

Era il 24 settembre 1980 quando il Don Chisciotte, il celebre balletto tratto dall’omonimo "romanzo" di Cervantes, faceva il suo ingresso al Teatro alla Scala di Milano nella versione di Rudolf Nureyev. Il "tartaro volante" presentava la sua mise en danse "donchisciottesca" creata nel 1966 per la Staatsoper di Vienna e ispirata all’originale di Marius Petipa. L’archetipo del grande coreografo francese ideato nel 1869 per il Bol’šoj, e rimaneggiato nel 1871 per il Marijnskij, che Nureyev riallestiva al Piermarini interpretandolo assieme a Carla Fracci e al Corpo di Ballo scaligero. Da allora non si contano le riprese milanesi di questo ballet d’action che continua a tenere banco nei teatri di tutto il mondo e a fronteggiare altrettante famose riedizioni novecentesche di Aleksander Gorskij, Mikhail Baryshikov, Vladimir Vasiliev, Vladimir Derevianko. Solo per citarne alcune ed escludendo volutamente quelle non ‘ortodosse’ che meriterebbero un discorso a parte. 


Natalia Osipova - Leonid Sarafanov
Foto di Marco Brescia

Ecco dunque agli inizi del 2010 riapparire alla Scala la trasposizione coreografica di Rudolf, ripresa per l’occasione da Maina Gielgud, che narra la storia d’amore tra la seducente e deliziosa Kitri e il povero barbiere Basilio, ostacolati dai propositi matrimoniali dell’oste Lorenzo. Il burbero padre della ragazza che la vorrebbe sposata al ricco e ridicolo Gamache per assicurarle un solido futuro economico anche senza amore. Ma alla fine tutto si sistema e i due giovani vincono la loro battaglia grazie all’intervento del generoso hidalgo don Chisciotte e del fido Sancho Panza, in veste di semplici "aiutanti" con tanto di Ronzinante al seguito. Episodio marginale del secondo libro del Don Chisciotte, la vicenda diventa fin dalla prima transcodificazione ‘petipatiana’ il pretesto per un balletto in cui non conta tanto la caratterizzazione psicologica dei protagonisti, sostanzialmente di scarso spessore e ridotti a personaggi fissi, quanto il virtuosismo mozzafiato della danse d’école che esige dei veri e propri fuoriclasse nei ruoli principali e un corpo di ballo doc.     

Tutti ‘ingredienti’ che non mancano nel Don Quixote di Nureyev che per questa occasione si bea di avere come étoiles Leonid Sarafanov del Balletto Kirov del Teatro Marijnskij di San Pietroburgo e Natalia Osipova del Balletto del Bol’šoj di Mosca. Due punte di diamante affiancate dall’ottimo Corpo di Ballo della Scala che tiene testa alla strabilianti e disarmanti performances di una giovanissima Natalia, al suo debutto scaligero, e di un altrettanto giovane Leonid, beniamino del pubblico e ormai di casa a Milano. Veri e propri divi di uno spettacolo applauditissimo di cui non passano inosservate le ariose scene oleografiche di Raffaele Del Savio, i variopinti costumi spagnoleggianti di Anna Anni, la musica di Ludwig Minkus riorchestrata da John Lanchbery e perfettamente eseguita dall’Orchestra della Scala guidata da Svetlana Filippovich.

Insomma una serata a dir poco esente da pecche che, proprio per questa sua sostanziale impeccabilità, offre il destro per alcune considerazioni sul balletto, sull’intervento di Nureyev e last but non least sulla resa dei singoli artisti. Nel balletto gli eroi di Cervantes sono in effetti delle ‘macchiette’ che fungono da supporto all’esile trama, ma lo spirito che anima tutte le loro vicissitudini, basate sull’entrelacement, l’intreccio delle narrazioni dei poemi cavallereschi, e la serialità delle vicende dei romanzi picareschi, è alla base di questa fabula coreutica che rispetta in pieno la libertà compositiva cervantina. Infatti se il Don Chisciotte proprio per queste sue caratteristiche è definito un "romanzo a schidionata" dal formalista Viktor Sklovsij, che allude ai differenti pezzi di carne infilzati in uno schidione e li paragona ai molteplici avvenimenti narrati da Cervantes, la stessa espressione si rivela utile per classificare il Don Quixote ‘in danza’ a cominciare da quello di Marius Petipa fino alle riedizioni novecentesche.

Un "balletto a schidionata" che mantiene vivo lo spirito rutilante delle avventure del "romanzo" del "cavaliere dalla trista figura" nell’incalzare di divertissements, variazioni, pas de deux, danze di carattere, pas d’action, ballet blanc, inseriti in un racconto leggero e divertente, sullo sfondo di una Spagna scintillante e folcloristica con tanto di nacchere e ventagli, zingari e toreri. E l’escamotage che consente a don Chisciotte di trasformarsi in ‘paladino’ di Kitri, e avere parte attiva nel plot, è la rassomiglianza che lui crede di vedere tra lei e l’adorata Dulcinea. Un espediente narrativo che permette il proliferare dei "numeri" e delle gags in cui anche la musica di Minkus, ricca di orecchiabili melodie e ritmi ballabili, accentua l’impostazione coreografica a "schidionata". Quella stessa impostazione che Nureyev mette in risalto privilegiando i ritmi narrativi veloci e ispirandosi – come lui asserisce – alla vis delle maschere della Commedia dell’Arte per caratterizzare don Chisciotte, che ricorda Pantalone, Kitri, che riecheggia Colombina, e Basilio che si ispira a Pierrot, il Pedrolino della "commedia all’improvviso".

Tutto funziona in questo balletto a cominciare dal Prologo, in cui Don Chisciotte sogna Dulcinea e nomina Sancho suo scudiero, e prosegue quando il sipario si apre sulla piazza di un villaggio iberico che ospita le entrées del corpo di ballo e fa da sfondo all’incontro tra "il cavaliere" e Kitri, scambiata per Dulcinea e invitata a ballare un minuetto. Nel secondo atto la location dei mulini a vento e lo spettacolo di marionette degli zingari, che allude alle losche trame del padre di Kitri per impedire le nozze e risveglia nel gentiluomo il furor di paladino, lo vedono trasformarsi in novello Orlando che distrugge tutto, combatte contro i mulini a vento e, in stato di semincoscienza, sogna un giardino incantato dove, in un finto e liricissimo ballet blanc, Amore e la Regina delle Driadi gli riconsegnano Dulcinea. E ancora "il cavaliere" è medium vincente nel terzo atto quando nella taverna, di fronte al finto suicidio di Basilio, che spera così di riuscire con un bluff da opera buffa a sposare Kitri, obbliga Lorenzo ad acconsentire al matrimonio e, dopo aver sconfitto Gamache, dà l’avvio alla festa di nozze per poi partire alla volta di nuove imprese.

Logico dunque e oltremodo necessario per sostenere la velocità con cui si susseguono i divertissements "a schidionata", poter contare su dei fuoriclasse come Leonide Sarafanov e Natalia Osipa e su un corpo di ballo che si mostra all’altezza sia nelle scene corali pesane di sapore spagnolo, in quelle notturne e zingaresche, in quelle oniriche e poi festive dell’epilogo. In particolare brave sono Beatrice Carbone e Emanuela Montanari, le due amiche di Kitri, con i loro sostenuti pas de chats, a cui fanno eco le misteriose zingare di Laura Caccialanza e Sabrina Galasso, e l’intrigante fandango di Francesca Podini e Mick Zeni.     

Altrettanto convincente è nel "mini" ballet blanc Luana Saullo come Regina delle Driadi quando, circondata da eteree adepte, esegue i fouettés all’italiana e si lancia in un salto in diagonale in arabesque, mentre Amore, una deliziosa Antonella Albano, è impegnato in una serie di ‘preziosismi in punta’. Francesco Sedeńo è un perfetto don Chisciotte, trasognato quanto basta e più mimo che ballerino, mentre Stefano Benedini è un maldestro Sancho Panza che fa da contraltare all’oste Lorenzo di Matthew Endicott, tutto preso a ‘corteggiare’ lo sciocco e buffo Gamache di Vittorio D’Amato.

Dulcis in fundo la coppia Leonid e Natalia spicca nel grand pas de deux del terzo atto in cui a gara le due étoiles ‘si sfidano’ e implicitamente mettono a confronto due ‘giganti’ della danza come il Kirov e il Bol’šoj. Lui schizza come una ‘scheggia’ ed esegue doppi cabrioles en arrière e un manège che termina in coda con le pirouettes à la seconde, lei regala sfavillanti variazioni culminanti nei portentosi fouettes ‘conditi’ con piruoettes à l’italienne. E se Leonid è un prodigio tecnicamente parlando, anche se difetta un po’ di spessore interpretativo di cui Basilio necessiterebbe, è Natalia la vera prima donna fin dal suo ingresso nel celeberrimo ed elettrizzante assolo del ventaglio con il grand jeté en tournant entralacé, il super inarcato cambré, le reiterate pirouettes. Una ballerina davvero eccezionale che ha il suo punto di forza nelle prodigiose batterie eseguite non raso terra ma en l’aire, nella verve, nella facilità con cui balla e sfrontatamente ‘ammicca’ al pubblico, abbacinandolo con la sua bravura di splendida ‘creatura’ del Bol’šoj.

 

Don Chisciotte
cast cast & credits
 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


 
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