La buona salute del cinema rumeno si conferma anche nella pellicola presentata a Berlino il cui titolo suona più o meno Quando voglio fischiare fischio, come a dire che se voglio veramente una cosa la prendo o forse solo a rivendicare un diritto elementare di libertà. Il trentacinquenne Florin Serban, qui al suo primo lungometraggio, è un giovane autore di solida formazione, prima filosofica e poi artistica (accademia di teatro e cinema di Bucarest e conclusione di studi alla Columbia University), che si inserisce a pieno diritto nella vigorosa ripresa del cinema post-Ceausescu, quello dellapripista Radu Mihaileanu (Train de vie, Il concerto) ma anche di Cristian Mungiu (Palma d'oro a Cannes 2007) e di Corneliu Porombiu (premio della giuria nella sezione “Un certain régard” dellultima edizione).
Ada Condeescu
Anche se rientra a pieno nel filone carcerario così presente in questa edizione (The Hunter, Der Räuber, En Ganske snill mann, Shutter Island, etc.), il film ha una sua notevole originalità, sia tematica sia, soprattutto, nelle modalità realizzative: la storia nasce dalla trasposizione di un dramma teatrale di Andrea Valean ma sceglie presto la strada di una sorta di cinéma-verité, coinvolgendo nella fase di preparazione un gruppo di giovani carcerati e realizzando quindi una doppia opera: quella di finzione è appunto presentata al festival ma sarà presto affiancata dal documentario (titolo provvisorio The World in Small Squares), girato dalla regista Ivana Mladenovic durante le riprese del film maggiore e dedicato alla vita di giovani romeni diventati criminali. Costituirà così un dittico, a conferma di quanto oggi le nozioni di cinema di finzione e di cinema documentario siano venute avvicinandosi e integrandosi.
Una scena del film
Il protagonista Silviu (linterprete è il giovane liceale George Pistereanu, oggi iscritto al primo anno dellaccademia di recitazione di Bucarest) è un giovane delinquente che sta per essere rimesso in libertà dopo aver scontato una pesante condanna (a quelletà quattro anni sono uneternità). Cinque giorni lo separano dal momento tanto atteso. Cinque giorni fatti di provocazioni degli altri detenuti, di ansie e speranza, ma soprattutto (ed è questa la chiave di volta dellintera vicenda), dal ritorno inatteso e sgradito di una madre fin qui assente che, allimprovviso, decide di ricomparire per portare con sé in Italia, in un inconsistente sogno di benessere, anche il figlio più piccolo, Bruder, allevato affettuosamente da Silviu negli anni dellassenza dei genitori e forse unica vera ragione di vita del fratello maggiore. Langoscia per una situazione che teme di non saper dominare, e che si respira fin dallinizio, si unisce al panico per la possibile perdita di Ana, una giovane assistente sociale di cui Silviu si è innamorato in carcere, ed alla fine esplode in unazione incontrollata: rapire Ana, uscire dal carcere, respirare, sia pur per poco laria libera, fare per una volta, sconsideratamente, quello che vuole essere: fischiare appunto, se vuole fischiare. Il lungo lavoro preparatorio dà i suoi risultati, oltre che in una regia che alterna efficacemente riprese nervose e pause, nella prestazione degli attori tutti efficaci, intensi. Non solo i protagonisti e i professionisti ma anche il coro, costituito da giovani detenuti preparati accuratamente con un workshop che è stato, per loro, anche una speranza. |
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