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Un film senza pathos

di Sara Mamone
  Jud Süss, Film ohne Gewissen
Data di pubblicazione su web 18/02/2010  

I rapporti tra poteri totalitari e mondo dello spettacolo non smettono di intrigare artisti e storici, in particolare da quando i mezzi di comunicazione di massa hanno permesso la moltiplicazione degli effetti. In questo senso i totalitarismi della prima metà del secolo scorso si avvidero ben presto delle potenzialità propagandistiche del cinema (verrà poi la televisione). Ma anche i più sottili rapporti di reciproca seduzione tra il mondo della politica e quello dello spettacolo non smettono di intrigare artisti, sociologi, psicologi. La cultura tedesca ha su questo molto riflettuto e anche il film di Oskar Roehler, dedicato alla vicenda di Ferdinand Marian, attore di medio successo scelto personalmente da Goebbels per l’obbrobriosa avventura del propagandistico Süss l’Ebreo (presentato con successo nel solidale festival veneziano del 1940) è dettato dalle migliori intenzioni indagatrici. Il compito non è però facile, anche se il tema e l’individuazione biografica sono molto felici. E poi l’esempio e il ricordo del Gotterdammerung viscontiano e di Mefisto di Istvan Zabo (con la monumentale gigioneria di Klaus Maria Brandauer), pesano come macigni, che né le ambiziose intenzioni di Oskar Roelher, regista tedesco di mezza età, presente anche quattro anni fa in questo festival con Le particelle elementari né la ricca produzione riescono a smuovere.


Impegnato nella ricerca di un tema denigratorio nei confronti del popolo ebraico che potesse essere trattato con apparente finezza ma fosse invece efficacemente antisemita il ministro della cultura Goebbels sceglie la storia di Süss Oppenheimer, ebreo del ghetto di Stoccarda vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, diventato assai potente alla corte del duca Karl Alexander di Wuttemberg. Forzandone la storia Goebbels (anche in veste di cosceneggiatore) e il regista Harlan ne fanno un personaggio ributtante, non per caso rifiutato dai grandi attori del tempo quali Gustav Grundgens e Emil Jannings. Per vanità, insipienza, debolezza ed una certa qual arroganza di artista Marian cede alla proposta che farà di lui il volto più noto del regime (il film sarà visto da 20 milioni di persone) ma che lo condannerà non solo al giudizio della storia ma anche ad una vita privata scombinata (anche se la morte della moglie in un campo di concentramento è forzatura francamente inaccettabile del film odierno), all’alcolismo e ad un morte prematura in un incidente d’auto mai decifrato.


Innegabile l’impegno, sia intellettuale che finanziario, di questa produzione che schiera tre tra i più noti attori tedeschi: il protagonista, Tobias Moretti (sì, per gli italiani il primo padrone del Commissario Rex), affiancato dai due prediletti dello schermo impegnato Martina Gedek e Moritz Bleibtreu. La ricostruzione degli ambienti è accuratissima, nessun risparmio di nessun genere. Eppure la storia che parrebbe assai interessante sulla carta non gira, anzi da un certo punto oscilla tra la tranquilla noia e un grottesco soft. Anche perché nessuno è disposto a concedere attenuanti ad ambizioni non necessarie. Perché individuare una vicenda così drammatica, perfetta occasione di incontro tra biografia, riflessione e storia e farne una specie di polpettone? Fare di una storia comunque eccezionale un racconto lineare e senza pathos?

Jud Süss, Film ohne Gewissen
cast cast & credits
 






 
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