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Rai: de tutto, de gnente (3)

di Roberto Fedi
  pianto
Data di pubblicazione su web 28/01/2010  

Sicuramente l’avrete notato: in televisione non si fa altro che piangere. Il fatto è interessante, anche se demenziale, e magari sarà bene dedicargli due righe.

 

Dunque. Alle trasmissioni del pomeriggio, a dir poco offensive anche per chi guarda, si piange come viti tagliate. Ne abbiamo parlato anche nell’articolo prima di questo. Ma converrete che invitare in studio, in diretta, una ragazza dalla vita  sciaguratissima e non per sua colpa, piazzarle una telecamera in faccia, e per mezz’ora farle domande a dir poco offensive della privacy sui genitori, i fratelli scomparsi, il fatto che non è potuta andare a scuola, che è povera e maltrattata, e farla piangere senza interruzione né pietà è veramente da cinici, e anche da qualcos’altro che non diciamo per omaggio al pudore. Anzi: è una cosa che fa indignare, un vero atto di violenza perpetrato su persone incapaci di difendersi. Ci si chiede come mai quei comitati, che ammorbano ogni tanto le discussioni sulla Tv, composti da benpensanti assortiti, pseudo consumatori che si intrufolano furbescamente dappertutto, genitori cattolici e compagnia brutta in queste cose non intervengano. A noi sembrano sconcezze, più di qualche coscia all’aria sullo schermo.

 

Prendiamo poi i cosiddetti, stupidamente, reality. Lì se non si piange non c’è spettacolo. Una sciroccata vede il padre in collegamento, e giù scrosci di lacrime. Vede il marito, e idem. Uno stravolto vede la moglie, e anche peggio. Ci si chiede perché. Sono forse queste signore, signorine e signorini prigionieri di guerra? Magari! E invece no: sono lì a cercare disperatamente e ad ogni costo un quarto d’ora di notorietà, per fortuna effimera. Stanno per essere giustiziati? Purtroppo no. È il loro lavoro, temporaneo grazie a Dio. E allora? Mistero. Fatto sta che con la lacrima, questo è provato, scatta l’applauso. Anche lì la ragione ci sfugge. Se a voi, per esempio, capita di vedere a casa il vostro bimbo che fa una frignatina, per caso lo applaudite? E se, mettiamo, su una panchina nel parco vedete una ragazza o ragazzo col viso rigato di lacrime per questioni sue, vi mettete lì davanti e vi esibite in una regolamentare standing ovation? Si spera di no. L’unica, obbrobriosa eccezione è ai funerali di gente il più delle volte ingiustamente famosa. Lì alla lacrima di qualcuno l’applauso scatta. Ed è una vera e oscena finzione, si capisce, a puro beneficio della Tv che riprende la scena. E infatti: vi è mai capitato di sentire gli astanti che applaudono ai funerali normali? Se qualcuno lo facesse, verrebbe preso a botte. Insomma, la commozione non c’entra nulla: è solo che alla Tv si deve piangere, e stop.

 

O guardate (è un modo di dire retorico) il Grande fratello. Un oceano di lacrime. Un concorrente viene buttato fuori perché ha bestemmiato (ce n’è sempre uno, guarda un po’ la combinazione), e quello che fa? Ma piange, ovviamente. Alluvioni di barriti e di lacrime, come da Maria De Filippi quando uno incontra il nonno degenere che non vedeva da mezzo secolo.

 

A noi queste cose fanno ridere. Non perché siamo duri di cuore, ma per puro spirito di sopravvivenza. E ci viene da pensare che nessuno, crediamo, piange alla Tv come in Italia. Dove tutti, dalle veline o presunte tali ai passanti per strada, quando hanno di fronte una telecamera o un microfono che fanno? Piangono. Per le cose più cretine e banali (la scelta di un pacco fatta male ad Affari tuoi, ad esempio), o per quelle più serie, di cui l’inverno di solito è prodigo: alluvioni, smottamenti, terremoti, frane, slavine, crolli… c’è solo da scegliere. Un bel piantino in diretta, e ci si sente tutti meglio.

 

Una volta c’erano le prèfiche, donnette in nero che andavano ai funerali a piangere a pagamento o magari anche gratis, così per non saper né leggere né scrivere. Oggi, in televisione, c’è pieno di prèfiche per tutti i gusti.

 

E state attenti all’accento, per piacere. Non fateci piangere.

 




 
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