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Rai: de tutto, de gnente (1)

di Roberto Fedi
  Caterina Balivo
Data di pubblicazione su web 22/01/2010  

Mentre salutiamo i gentili lettori, e ci scusiamo della latitanza dovuta a forza maggiore (nello specifico, un piede ingessato: incidente di percorso), spieghiamo un pochino il titolo. Che è un aggiustamento forzatamente romanesco, cioè della lingua madre della Rai, del noto ‘Rai: di tutto, di più’, che ci sembra ormai inattuale. Siamo arrivati a questa profonda convinzione proprio in virtù e grazie all’incidente di percorso appena citato. Ci spieghiamo meglio.

 

Che fa uno quando deve stare in casa per un mesetto, con scarsa mobilità, e un notevole giramento di scatole, si aggiunga? La scelta non è ricca: a parte le cose indispensabili, uno legge, telefona, smoccola (eh sì), rilegge, ritelefona, rismoccola, e poi alla fine guarda la televisione. Che ovviamente noi adocchiamo ogni tanto, se non altro per dovere d’ufficio; ma, in questi casi estremi, ahimè un po’ di più. Ricavandone le seguenti deduzioni, in ordine sparso, di cui questa è la prima puntata.

 

La considerazione di base è che la Tv fa male. Lo sappiamo che è una vecchia storia, a cui credevamo poco; ma abbiamo sperimentato che è vero. Provatevi, così per un puro impulso scientifico-sociologico-massmediologico, a starvene un pomeriggio davanti a Rai Uno, Due o Tre. Un pomeriggio intero, vogliamo dire: senza poter uscire, divertirvi, o andare a lavorare. Beh: se alla sera quando arriva Fatti tuoi, RaiUno, siete ancora capaci di riconoscere vostro figlio e comunque di intendere e di volere, siete dei fenomeni. E però, come se non bastasse, quella baggianata dialettofona dei pacchi e delle relative lacrime e delle urla dei vincitori (per puro culo, se ci passate l’espressione: ma a uno che è stato tutto il giorno a guardare la televisione si perdona questo e altro) vi darà il colpo di grazia. Andrete a letto senza ricordarvi neanche qual è il vostro nome di battesimo.

 

Perché, se avete passato tutto il pomeriggio lì come rintronati, avrete visto, nell’ordine: un po’ di trasmissioni di cuochi, che vi hanno fatto odiare la cucina e apprezzare addirittura McDonald’s; un Tg (siamo sempre su RaiUno) dove vi hanno fatto vedere l’ennesimo servizio sulle rovine di Haiti e avrete sentito l’intervista con l’ennesimo prete che vi dice che i bambini soffrono (ce ne dispiace tantissimo, come delle miserabili condizioni di quei poveretti: ma ci fosse uno che ha spiegato perché anche prima erano i più disgraziati della terra); e poi una serie di programmi d’attualità che vi hanno messo kappaò. Vediamone uno.

 

Si comincia con Festa italiana, poco dopo le 14. Quindi, ancora con il pranzetto sullo stomaco. In questa ‘festa’ (e chissà che diavolo c’entra la festa, boh) una semi-velina, tale Caterina Balivo (forse la festa è per lei, che infatti ride sempre e spesso senza un perché), si occupa per due ore (sic!) di probbbblemi, come se dice alla televisione de noantri, della gggente. Caspita. Per esempio, in una rubrica apposta, di quelli tra genitori e figli. Ri-caspita. Roba grossa. Giovedì 21, ecco che arriva una signora dalla Sardegna che ha due figli – la signora, non la Sardegna. Bravissimi, intelligenti, buoni, che studiano. E allora? Dramma: questi due bellimbusti si tatuano. Da come era stata presentata la cosa si sarebbe detto che si drogavano: e invece no, eccoli lì tutti tirati a lucido e con un piercing (capirai) e un paio di tatuaggini. Il problema, come capirete, è serio, anzi da dibbbattito in studio. Discussione animata col pubblico, per intendersi alla Maria De Filippi che evidentemente ha fatto scuola. Un po’ di smandrippati urlacchiano dalle tribune che così nun ze fa, che invece ze fa, che ‘n si dovrebbe da ‘ffa, e tutto il repertorio. C’è una scienziata lì apposta, forse una dermatologa, che sentenzia come se l’avesse scoperto lei che i tatuaggi poi non si cancellano. Applausi. I due bellimbusti stanno lì a godersi il quarto d’ora di notorietà e la gita a Roma, e poi si immagina e si spera che se ne tornino sull’isola a tatuarsi o a fare il cavolo che gli pare. Finis.

 

Ora, ci si chiede: intanto, dov’è la festa? Mistero. Poi: che avrà la Balivo o come si chiama da ridere sempre? E che c’entra l’Italia, con tutti i probbblemi che ha? Domande senza risposta.

 

E soprattutto, e prima di darvi appuntamento alla prossima con il seguito di queste amarezze: e a noi che ce ne frega se i figli della signora Pinco Pallino nel nuraghe si tatuano.

 

Appunto: de gnente.

 




 
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