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Assurde storie comuni

di Roberta Balduzzi
  Ascanio Celestini
Data di pubblicazione su web 07/12/2009  

Il razzismo è una brutta storia è una campagna nazionale promossa da Arci e Feltrinelli che ha trovato in Ascanio Celestini un partner d'eccezione. All'attore romano, infatti, è stato chiesto di realizzare uno spettacolo sul tema del razzismo in Italia: Celestini ha accettato la proposta e, attingendo al repertorio dei suoi passati interventi televisivi, ha raccolto alcuni racconti che narrano vicende di discriminazione sociale e di abiezioni socio-culturali, nonché politica. Questo materiale è diventato così corpo di un monologo dal titolo Il razzismo è una brutta storia- Racconti, che resterà in tournée fino alla fine di novembre e che ha fatto tappa anche a Genova al teatro dell'Archivolto. Qui Celestini ha portato a termine una personale rassegna, iniziata lo scorso anno, proponendo, oltre alla nuova realizzazione, anche due passati lavori di successo (La Pecora Nera e Appunti per un film sulla lotta di classe) e il film documentario Parole Sante.


Una scena da Parole Sante

Le "brutte storie razziste"sono lo specchio di una società degradata e troppo distratta dai vantaggi garantiti dal benessere dilagante per occuparsi della miseria e della guerra che devastano paesi meno agiati, come quelli africani: nel monologo iniziale, l'attore chiarisce, appunto, la propria posizione a riguardo, individuando nell'indifferenza uno dei fattori che sottendono alla problematica della discriminazione razziale. Lo spettacolo esplora altri nodi tematici, tra cui, ovviamente, l'odio razziale, documentato dalle testimonianza audio che intercalano la messinscena e che propongono alcuni violenti interventi di esponenti della Lega Nord sul tema dell'accoglienza agli extracomunitari. I racconti narrati sono frutto di un lavoro di ricerca, caratteristico delle realizzazioni di Celestini, e sono volti a descrivere al meglio questa forma di disprezzo: queste storie, tanto comuni, quanto assurde, e forniscono un quadro tutt'altro che lieto di una società, in cui è sufficiente frequentare un locale o un mezzo pubblico per assistere a episodi di intolleranza nei confronti degli emigranti.

Altro tema affrontato è il nonsense che alberga dietro all'idea di diversità, qui illustrato attraverso la storia di un piccolo paese in cui l'unica materia insegnata nelle scuole è la "fila indiana", perchè mettersi in cerchio significa essere uguali. La metafora della fila indiana prosegue con una tirata sul livellamento socio-culturale che rende gli uomini moderni dei numeri, meglio, "cose", ma: "Una cosa utile, eh? Mica una che non serve a niente" - sottolinea ironicamente Celestini. L'aspetto grottesco che si nasconde dietro al degrado culturale viene invece rappresentato in uno sketch in cui l'attore veste i panni dell'uomo medio e, con bombetta nera e grossi occhiali rossi, celebra la cultura fascista del Novecento mentre il "Cous cous Klan", dichiara che l'Otello di Shakespeare è un dramma razzista. Per concludere il quadro, Celestini biasima l'atteggiamento d'indifferenza proprio di chi non condanna l'orrore degli attentati o delle congiure politiche, celandosi dietro a paradossali scusanti quali la fedeltà assoluta alla legge di gravità.


Una scena da Pecora nera

Quella di Celestini è un'esposizione disillusa dei fatti, condotta attraverso racconti bizzarri, che però offrono una visione lucidissima della realtà in cui viviamo e della decadenza che la contraddistingue. L'attore conclude sarcasticamente il monologo con la constatazione: "Bella la realtà. Peccato che esista davvero". La narrazione procede con il ritmo serrato e la ripetitività ossesiva che contraddistinguono la recitazione dell'affabulatore. I virtuosismi linguistici, che si giovano qui anche dell'accompagnamento musicale di Matteo D'Agostino, tengono alta l'attenzione dello spettatore, imprimendo forza drammaturgica alla messinscena. 

 

 

Il razzismo è una brutta storia
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