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Apocrifo Faber

di Giacomo Villa
  La buona novella
Data di pubblicazione su web 25/11/2009  

Apocrifo, “segreto”, “nascosto”; con questo aggettivo i primi cristiani si riferivano ai libri sacri, segreti, difficili perché portatori di un linguaggio ermetico, riservato a pochi iniziati. “Nascosto” come La buona novella, l'album di Fabrizio de André, poco conosciuto interamente ai più, portato in scena da David Riondino al teatro Metastasio di Prato dal 18 al 22 novembre. Una serata che parte con l'intima esecuzione di quattro canzoni di de André (tra cui La canzone di Marinella e La canzone del maggio) con l'intensa e malinconica voce solista di Chiara Riondino e il suono jazz di un quintetto (tra gli altri, Angelo Lazzeri, chitarra, autore degli arrangiamenti; Fabio Battistelli, direttore musicale dell'intera iniziativa, clarinetto), a cui si aggiungono per l'esecuzione de La buona novella, David Riondino, la corale “Guido Monaco” e la banda Filarmonica “Otello Benelli”.

Chiara e David Riondino
Chiara e David Riondino

Quasi cento persone sul palco, forse un po' troppo affollato, un pullulare di strumenti, volti, giacche, sedie, spartiti e colpi di tosse... un vero e proprio paese ricreato in scena, un paese ideale a cui, secondo le parole di Riondino, è rivolta la buona novella dell'autore genovese; proprio in questo clima non stona la scelta di una banda paesana che, insieme alla corale, è l'elemento che cambia di città in città. Come se ogni città sapesse accogliere nelle varie piazze e teatri la musica di de André e la storia più antica del mondo, e a farlo fosse l'elemento più eterogeneo (apparentemente), popolare e rumoroso, la banda. Resta convincente quest'idea, come quella di far cantare questi pezzi anche ad una voce femminile (Chiara Riondino); ne risulta un'armonica e polifonica intermittenza tra canto, parti corali e arrangiamenti jazzistici, affidati al quintetto che aveva anche il compito di collegare le varie canzoni tramite pezzi strumentali. Come se la storia necessitasse di una pausa per entrare nelle orecchie e, da qui, raggiungere le fibre più intime dell'uomo.

David Riondino
David Riondino

Il quarto album in studio dell'indimenticato Faber, realizzato nel 1970, un concept album, le cui canzoni sono veri e propri capitoli di una unitaria narrazione poetica in musica, trae ispirazione dai Vangeli apocrifi, in particolare dal Protovangelo di Giacomo e da quello arabo siriaco; vi sono raccontate vicende che non trovano un rimando nei quattro sinottici, come l'infanzia di Maria, segregata nel tempio, impura appena si fa donna e, per questo data in sposa a Giuseppe, vecchio falegname (dice de André «dita troppo secche per chiudersi su una rosa»). Il sogno di Maria emoziona particolarmente, per quel suo estatico fraintendimento tra sogno e realtà, in cui l'incontro con l'angelo è appena accennato, in un diafano ritorno al presente («parole confuse nella mia mente, svanite ma impresse nel ventre»); intorno alle figure “canoniche” ci sono altre storie, quelle più umane e, per questo, più spirituali: quella del falegname che costruisce le tre croci («due per chi disertò per rubare, la più grande per chi guerra insegnò a disertare»), quella delle madri dei due ladroni, che hanno un nome, Tito e Dimaco, il cui destino si lega con quello di Gesù, quella di Tito, infine, autore del celebre Testamento di Tito, rivisitazione umana e “ribaltata” dei dieci comandamenti operata da de André.

Poco valore ha, secondo noi, l'aneddoto secondo cui de André, alla domanda sul perché, lui cantautore impegnato, quasi “rivoluzionario”, in anni di accese contestazioni giovanili, avesse scelto di mettere in musica la storia vetusta e compassata di Gesù, rispose «Perché Gesù Cristo è il più grande rivoluzionario della storia!». Basta una frase a segnare il senso che sta dietro a La buona novella: «non posso pensarti figlio di Dio, ma figlio dell'uomo, fratello anche mio», paradigma tutto umano, forse umanistico, emblema dell'atteggiamento che de André ebbe nella profonda e personale lettura dei Vangeli.

E Riondino e la sua banda, nonostante il numeroso e rumoroso ensemble, sanno camminare sulle punte, sanno fermarsi un attimo prima che la loro presenza sconfini nell'invadenza, col rischio di sovraccaricare di voci e di note le intime e dolorose storie individuali che vengono narrate. La tradizione nel senso più stretto del termine, ciò che viene trasmesso, tramandato, una garbata e leggera “rivoluzione dell'uomo”, questa è l'idea che rimane impressa tra le note di una profonda poesia.



La buona novella



cast cast & credits

 


 

Una delle copertine de La buona novella di De André
Fabrizio de André


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Una delle copertine de La buona novella di De André
Una delle copertine de La buona novella di De André

 
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