E bravo Herzog! In pista alla Biennale con ben due film di cui almeno uno tra le cose migliori viste finora. Dopo le stupide polemiche sul presunto plagio dallintoccabile Bad Tenant, come se un titolo fosse la sostanza o, peggio ancora, come se un poliziotto americano corrotto fosse uninvenzione di Abel Ferrara, il regista tedesco dimostra di essere andato, ma non cera bisogno di questa conferma, per la sua strada. O meglio per la sua nuova strada. Inutile e sciocco chiedere ad un uomo di quasi settantanni le rabbie, vere o finte, le follie, vere o finte, di una giovinezza irrecuperabile, molto più proficuo seguirlo, in questa fase di una maturità più quieta, in questo apparente adeguamento ai modelli del cinema americano.
Questo cattivo tenente che agisce a New Orleans nei giorni frenetici e disastrosi delluragano Katrina e poi nella più “normale” lotta contro il crimine è un buon esempio di cinematografia fusion, in cui lapparente fedeltà ad un genere si sposa gradatamente con altri stili fino alla composizione di unopera che fila liscia come lolio, come sullolio, incalzante, senza un attimo di noia e nemmeno di ripetitività pur nelladeguamento agli schemi. La trama per lungo tratto quasi non esiste e (tranne lepisodio iniziale dellatto eroico del tenente che salva un detenuto in procinto di annegare nel carcere di New Orleans e da questo gesto ricava una promozione a tenente ed una irrimediabile dipendenza da farmaci e droghe) può rappresentare un catalogo di personaggi ed episodi di genere: tutto è saputo, la violenza del poliziotto, la sua bravura, la mescolanza di eroismo e corruzione, il legame sentimentale con un bellissima prostituta, il padre perduto e alcolizzato (e tutto è girato magistralmente con ritmo orgasmico) se non che…
se non che cominciano a comparire degli strani segni, coccodrilli morti sulle strade, iguane che durante le indagini sorridono al tenente strafatto; la sottile ironia che a tratti percorreva il tessuto tradizionale della vicenda si fa più evidente, ma non pesante, fino allo sdipanarsi della storia nel modo più americano, in quellirrimediabile e tenace aspirazione allhappy end che costituisce la forza e lingenuità di un popolo: in un susseguirsi di ammazzamenti tarantiniani il tenente tira in salvo la pelle, lamante prostituta, prima strafatta come lui, segue un programma di disintossicazione assieme al padre del tenente e ne esce, non solo clean, ma pronta a divenire una buona madre, il tenente, ormai avviato sulla strada della completa redenzione, viene ancora promosso. Tutti felici e contenti, anche il cattivo tenente che, dopo questa trionfale conclusione, può riprendere tranquillamente la sua strada parallela e segreta di drogato marcio: da certe passioni non si guarisce, per esempio dal fare cinema, e anche quando sembra di essersi perfettamente omologati a più pacifici codici creativi, ecco che il vecchio vizio rispunta. Il vecchio coccodrillo, lanimale morente, il vecchio regista europeo apparentemente compromesso con certa produttività doltreoceano, non è poi morto sullautostrada. |
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