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Possesso 

di Carmelo Alberti
  Possesso
Data di pubblicazione su web 12/12/2002  
Il palcoscenico è invaso da una gran quantità di scatole, valigie, da tanti oggetti, segni del disordine e dell'abbandono: in mezzo si muove smarrita Rochelle, una vedova che sta svuotando le sue stanze prima di andare in un ricovero. Nella casa, collocata a Gerusalemme, transitano i suoi due figli, Ezra, un depresso che non riesce a far carriera universitaria, ed Eva, sempre sull'orlo di un crisi di pianto perché sta divorziando da un marito scoperto all'improvviso troppo vecchio per lei; e vi sono ancora Shira, la nuora in apparenza serena, Oded, il genero fastidioso, una zia Tily svagata e infantile, Daniella, una bibliotecaria con la mania delle cose usate, e Nadja, la cameriera. Sono i personaggi della commedia Possesso di Abraham B. Yehoshua, tradotta da Chiara Balestrazzi, interpretata da una straordinaria Franca Valeri, diretta da Toni Bertorelli, con le scene e i costumi di Francesco Zito e le luci di Marco Palmieri.

Dagli armadi e dai ripostigli sbucano reperti di un passato che i figli rifiutano per imbarazzo e per fastidio: in verità, l'insistente e ansiosa Rochelle tenta, lungo tutta la rappresentazione, di trasferire al figlio il possesso di ogni oggetto che ha accumulato. Si comprende come Ezra, liberatosi a stento dal predominio della madre, sia ora succube di una moglie desiderabile e fin troppo autonoma. Il ritratto familiare disegnato da Yehoshua trasmette allo spettatore un disagio crescente, a stento mascherato dall'ilarità spontanea che nasce dalla ripetitività delle situazioni. Il quadro di riferimento è quello di una società del benessere, identificabile non solo con un paese in preda all'ansia come Israele, ma con l'intero mondo occidentale; è una società ricca che assiste impotente allo sbriciolarsi delle affettività e scivola verso una solitudine cupa e malata: ciascuno dei protagonisti è in preda a una nevrosi che lo fa incerto o insensibile; il riso nasconde a malapena l'atrofizzarsi dei sentimenti, mentre cresce il bisogno di comprensione. Alla fine della commedia s'intravede un barlume di luce in mezzo alla soffocante mania di possesso; il figlio s'accosta convinto ai desideri della madre e alla memoria del padre. Si tratta, però, di una breve parentesi, prima di ripiombare nella frenesia della vita di ogni giorno.

È uno spettacolo che s'insinua nell'animo degli spettatori, che non a caso l'hanno accolto con applausi convinti e che fa ridere anzitutto per merito dell'interpretazione. Franca Valeri rende Rochelle una figura riconoscibile nella storia di ciascuno: la sua sapienza si esprime spesso con un semplice gesto, con un'impennata della voce, con un improvviso silenzio; il rapporto che stabilisce con i cari oggetti è istintivo, come se fossero forme viventi. Bravi tutti gli altri attori: Urbano Barberini (Ezra), Gabriella Franchini (zia Tily), Silvia Luzzi (Eva), Gianfranco Quero (Oded), Sabina Vannucchi (Shira), Carla Ortenzi (Nadja), Giannina Salvetti (Daniella).

Possesso
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