Leredità (Rai Uno) è un programma insulso, lento e senza alcun mordente, con personaggi (i concorrenti) banali e per lo più incolti e di nessuna competenza specifica, in linea con il trend dei quiz adesso in voga su tutte le reti (ancora peggio è forse Chi vuol essere milionario, su Canale 5 e con il falso simpatico Gerry Scotti). A condurre è il presentatore più abbronzato del mondo, cioè Carlo Conti – è lunico suo primato, secondo noi.
Il quale Conti, labbiamo già sottolineato altre volte, è per noi un mistero pari quasi a quelli di Fatima – e però non ancora rivelato. Non sa fare pressoché niente, o poco: non è spiritoso, non sa parlare con disinvoltura, è basso, è bruttino (ci pare), non ha presenza di spirito, non ha tic particolari che ne facciano un ‘tipo, come accadeva con il Mike dei bei tempi e il suo indulgere alla gaffe. Insomma, è uno che si vede solo perché è abbronzato. Avesse un colore umano, sparirebbe nello sfondo.
Tutto qui, si dirà? Ebbene sì: eppure ce lo sbolognano un giorno sì e uno no, anche con Padre Pio e gli spettacolini pro domo sua, anche con San Francesco e linguardabile e offensivo spettacolaccio in suo onore (e ridài!) direttamente dalla Basilica di Assisi. Ci si rimane sbalorditi.
La ragione del suo successo e della sua onnipresenza in Rai è, quindi, probabilmente la sua mediocrità. Assomiglia agli spettatori, che guardano i quiz per avere conferma della loro ignoranza (in fondo, altri ignorantoni come loro, brutti come loro, vestiti male come loro, dialettofoni come loro vincono dei soldi: ergo, a che cavolo serve conoscere se basta tirare a indovinare?).
A volte anche il biscotto lasciato troppo in forno, insomma il Conti, però esagera. Il bello è che non se ne accorge. Sabato 20 giugno, ad esempio, trovandosi nelle ristrettezze di dover leggere una parola latina, caducum, lha pronunciata con laccento sulla a, ‘càducum. Poi, a mezza voce, la seconda volta ha spostato laccento – non si sa mai. Ma non cè qualcuno che gli scrive gli accenti? O questo man in black (nel senso del colore artificiale della pelle) magari è anche capace di dire che ‘la vita è càduca?
Ma il meglio questa liquirizia fatta uomo lha dato in un giochino di associazioni di parole. Accostando il sostantivo camicia allaggettivo nera (un concorrente laveva azzeccata), ha chiosato: “Era quella che portavano gli aderenti alla Repubblica di Salò”.
Ora, non importa essere un seguace di Ugo Foscolo, che appunto in un suo celebre scritto e discorso esortava gli italiani “alle storie”, per sapere che la camicia nera apparve sulle piazze parecchi anni prima dei repubblichini: non a caso, chissà perché, si parla di ventennio fascista. Non saperlo, vuol dire essere, né più né meno, che un ignorante crasso: abbronzato e nero come un tizzo, ma, con buona pace della Rai, crasso.
E, ahimè, eterno: insomma, tuttaltro che cadùco – pardon, non vorremmo che se navesse a male: càduco.
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