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Una Fedra gitana

di Assunta Petrosillo
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Data di pubblicazione su web 16/06/2009  

Al Teatro Mercadante, nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia, è andata in scena Fedra per l’adattamento e la regia di Miguel Narros.

La storia tragica di una delle figure della mitologia greca, Fedra, ha conosciuto molte rielaborazioni e adattamenti nel corso dei secoli con l’ Ippolito di Euripide,  Phaedra di Seneca,  Phèdre di Jean-Batipste Racine e con Fedra di Gabriele D’Annunzio.

Nelle varie rielaborazioni, Fedra, s’impicca, si avvelena, si uccide con un pugnale, qui muore danzando il flamenco, la danza più struggente della musica spagnola.

Il mito greco narra che Fedra, figlia di  Minosse e Pasifae, sposa di Teseo, re di Atene, s’innamora di Ippolito, figlio di un precedente matrimonio del marito con una regina delle amazzoni. Fedra non sa che il marito − sceso agli inferi per salvare Proserpina − è morto durante l’impresa. In una notte tormentata, Ippolito e Fedra s’incontrano. Lei non dorme perché non riesce a controllare la passione che prova per il figliastro e quest’ultimo è preoccupato per il mutato comportamento di Fedra nei suoi confronti. La donna non riuscendo più a controllare la passione per il figliastro, e saputo che quest’ultimo  è a conoscenza dei suoi sentimenti, decide di impiccarsi per il disonore.


 



 

Nell’adattamento del regista spagnolo Miguel Narros il mito è attualizzato con un allestimento che ha dedicato una particolare attenzione allo spazio scenico in cui parola, musica e danza s’intrecciano. Il testo è ridotto a pochissime parole (tutte comprensibili) per dare spazio alla danza e alla musica flamenca scritta per l’occasione dal maestro Enrique Morentes. I personaggi, tutti gitani, sono: un padre, un figlio e una donna che non accetta la propria condizione di sposa. Fedra (Lola Greco) è una gitana che muore ballando il flamenco, dopo aver visto morire in un incidente di moto il  figliastro (Amador Rojas) di cui è innamorata. Un coro di giovani – uno straordinario corpo di ballo − canterà il dominio dell’amore sugli uomini di tutte le età e le condizioni sociali. Per il regista ‹‹non è importante il luogo dove si rappresentano le storie perché lo spazio è quello della tragedia, perché gli esseri umani non cambiano, ma si trasformano i comportamenti››.

Si tratta di un’opera musicale che si cala nel flamenco, uno stile che affonda le sue radici nella cultura dei mori e degli ebrei, e che si è sviluppato in maniera forte in Andalusia dove è divenuta musica tradizionale.

In un’ambientazione buia, con sulla sinistra la tolettina di Fedra, vediamo muoversi due donne vestite in maniera speculare, una bianca e l’altra nera. In fondo, predisposti frontalmente al pubblico, un coro di uomini e donne in jeans e canotte colorate, seduti su delle panche. Sulla destra un oggetto nascosto sotto un lenzuolo bianco (scopriremo poi essere la moto, vera e funzionante, di Ippolito) e dietro questa, sempre seduti, un cantante (David Maldonado) e un chitarrista.

Le due donne mimano lo struggimento d’amore e morale, in due assoli coinvolgenti, mentre il cantante intona delle letras (strofe) angosciose. La compagnia ben affiatata nei movimenti e nella mimica rende lo spettacolo intenso e suggestivo a tal punto che il pubblico più volte lo interrompe con applausi fragorosi.

 



 

I momenti coreutici sono ben costruiti come la morte di Ippolito, portato in spalla e poi adagiato in proscenio prima come un Cristo in croce e poi come una Pietà michelangiolesca. Interessante la trovata scenica della moto che da oggetto di culto – per Ippolito − diviene oggetto di morte. Ippolito la guida percorrendo il palcoscenico e uscendo nel fondo verso la città partenopea. La città, Napoli, diviene così palcoscenico di una storia antica ma modernissima, intrisa di dolore e morte e in cui si confondono realtà e finzione.

Fedra
cast cast & credits
 






 
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