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Drammaturgia scientifica

di Laura Bevione
  Natura morta in un fosso
Data di pubblicazione su web 03/11/2002  
L'indagine su un omicidio che la stampa definirebbe "efferato", condotta in scena da un unico attore, interprete di tutti i personaggi coinvolti. Testimoni e indiziati, i genitori e il commissario di polizia incaricato delle indagini, si succedono sul palco senza soluzione di continuità e danno vita a un vero e proprio "noir", mantenendo alta la tensione nel pubblico. Un genere difficile da realizzare in teatro che, tuttavia, trova in autore, regia e interprete tre ottimi e affiatati esecutori. Paravidino, giovane drammaturgo che ha scritto il testo dietro richiesta della Sinigaglia e di Alesi, riesce a caratterizzare ogni personaggio, rifuggendo gli stereotipi e le macchiette ma attribuendo a ciascuno consistenza e umanità con poche efficaci pennellate.

Uomini e due donne - la prostituta extracomunitaria che permetterà di risolvere il caso e la madre della giovane assassinata - che sono il risultato di un'esplorazione non pre-condizionata della realtà, guidata da quella medesima sensibilità che consente a Russi Alesi di rintracciare gli accenti, i movimenti, i tic, le deformazioni dei muscoli facciali che con immediatezza animano i tanti personaggi - una decina circa. Soltanto la vittima - la ventenne Elisa - e il suo insospettabile carnefice non hanno la possibilità di esprimere il proprio punto di vista, così come accade nella realtà, in cui giornalisti ed "esperti" si affannano a ricostruire esistenze e sentimenti forse sconosciuti agli stessi interessati.

Lo spettacolo, infatti, non è e non vuole essere unicamente un "noir" dal meccanismo perfetto, ma la denuncia, benché insofferente ai facili moralismi e ai toni da predica, della superficialità che domina la società e che coinvolge tanto i rapporti personali anche più stretti - quelli fra genitori e figli - quanto la visione comunemente accettata di quella stessa realtà. Il testo procede sistematico come un'indagine scientifica e non indulge mai a particolari patetici capaci di favorire una facile commozione: anche i monologhi della madre della vittima - fra i momenti più alti dello spettacolo - anziché commuovere quasi raggelano lo spettatore quando rivelano la spoglia verità della estraneità fra le due donne.

Il commissario che invano cerca le prove per avvalorare la sua ipotesi in qualche modo più rassicurante - un delitto maturato in un ambiente di "balordi" e dunque staccato dalla quotidianità normale di ciascuno di noi - esplicita bene il desiderio di allontanare da sé la violenza e il male e che spinge a volere sapere tutto per non conoscere la verità più vera, ad ascoltare elaborate analisi sulle ragioni di comportamenti non ordinari per evitare di prestare attenzione a chi ci è accanto. Una tecnica per sopravvivere alla follia che temiamo ci possa assalire e che in realtà contribuiamo a generare.

La regia concretizza e amplifica l'amara consapevolezza che pervade la pièce. Paravidino, unendo ironia, sensibilità, dimestichezza con i meccanismi teatrali e una conquistata maturità, riesce a vincere quell'autoreferenzialità che limitava il respiro delle sue prime prove drammaturgiche. Una menzione speciale va, però, a Fausto Russo Alesi (già diretto da Eimuntas Nekrosius ne Il gabbiano di Cechov), giovane attore di sicura professionalità, agile ed eclettico, e soprattutto dotato di sensibilità e intelligenza interpretative non comuni. Uno spettacolo da non perdere.



Natura morta in un fosso
cast cast & credits
 

Intervista a Fausto Paravidino


 

 
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