Dramma psicologico e familiare nato per il teatro e poi diventato film nel 1978, Sinfonia dautunno di Ingmar Bergman venne girato in Norvegia nel periodo di esilio volontario del regista e scrittore svedese a seguito del processo per evasione fiscale. Frequentemente lartista produceva le sue migliori opere in momenti di grande tormento interiore e, non a caso, in esse cè un forte rimando, voluto o inconscio, a situazioni e problematiche autobiografiche che probabilmente tentava di risolvere proprio nel porsi come osservatore esterno dietro la macchina da presa. Lesperienza del 78 è stata lunica occasione di lavoro con un altro astro del cinema svedese del tempo: lattrice interprete di Casablanca Ingrid Bergman, di cui questo è stato lultimo film per il cinema a causa dellaggravarsi della malattia che la portò alla morte pochi anni dopo. Al suo fianco lattrice bergmaniana per eccellenza Liv Ullman. Lopera ebbe due nomination allOscar, mentre entrambe le interpreti vinsero il David nel 1979 come migliori attrici straniere. Il film è stato adattato per la scena già nel 2007 da Federico Olivetti al Teatro dellArte di Milano con il titolo più appropriato Sonata dautunno che riprende quello originale Höstsonaten, laddove la sinfonia riguarda lorchestra a differenza della sonata che invece fa riferimento a strumenti solisti; questultima meglio si addice alla trama e alle sue protagoniste, isolate in una relazione di invalicabile incomunicabilità.
Liv Ullman e Ingrid Bergman nel film
La nuova riduzione del regista Maurizio Panici si focalizza sui due personaggi principali, interpretati da Rossella Falk e Maddalena Crippa, e sul loro rapporto conflittuale di madre e figlia, con la presenza di uno spettatore interno al dramma (forse riflesso del regista Bergman nel film) nei panni del marito della seconda (Marco Balbi); viene eliminata la sorella minore Helena, seppur la sua presenza è segnalata attraverso le parole delle due donne. Charlotte e Eva non si vedono da sette anni a causa dei continui impegni concertistici della prima, famosa pianista e madre assente, da sempre troppo presa da se stessa e dalla sua carriera per occuparsi della famiglia. Morto il suo compagno viene convinta da una lettera della figlia a raggiungerla: lincontro tra le due vela rancori e conflitti ripetuti negli anni e mai risolti, che esploderanno improvvisamente in una notte dinsonnia. Bergman indaga nel profondo di queste due figure femminili e rivela i tratti di un disagio esistenziale enorme, forse più legato alla mancanza di comunicazione che a colpe effettive. È innegabile il richiamo allo psicologismo ibseniano dove ogni personaggio è in uno “stato di accusa”, è ossessionato dal senso del peccato e non riesce a liberarsi di un passato che finisce per soffocarlo.
Rossella Falk e Maddalena Crippa in una scena dello spettacolo
Pur rimanendo fedele al testo dorigine, la regia di Panici non convince e sembra anzi creare disarmonia nellimpianto dello spettacolo. Il ritmo è spezzato da un continuo e superfluo andirivieni di arredi domestici, espediente mal riuscito di riprodurre i salti spazio-temporali e le dissolvenze incrociate della pellicola; ne risultano stancanti e alquanto didascalici cambi di scena che hanno il solo risultato di distrarre dalla tensione creata dalla vicenda. Inoltre la scelta di sostituire i flashback cinematografici con monologhi che raccontano il passato rende le scene meno dinamiche di quanto potrebbero essere. Poco funzionale alla continuità del dramma le voci microfonate fuori campo dei personaggi in alcune scene.
Una foto di scena (di Massimo Agus)
Non deludono invece gli attori immersi nei loro caratteri, ben definiti anche dai bei costumi di Lucia Mariani: magistrale la Falk nella sua interpretazione, spesso straniata, di donna apparentemente fredda e sicura di sé che nasconde, dietro un atteggiamento deciso e prorompente, la propria fragilità, il proprio senso di colpa e il disagio, la «percezione dolorosa di non essere mai nata e di non aver mai vissuto veramente»; di contro lEva di Maddalena Crippa, dimessa e riservata, i cui gesti sono spesso al limite del nevrotico, esprime una quiete fittizia che cela emozioni e pensieri repressi troppo a lungo, che si esplicano improvvisamente e in modo violento durante il monologo di accusa verso la madre. È questo il momento in cui più di tutti lattrice rivela le sue doti, acquistando una genuina verità di sentimenti, mentre in alcuni tratti della prima parte dello spettacolo si lascia guidare in una recitazione un po troppo marcata ed enfatica. Indimenticabile lespressività delle due donne durante la doppia esecuzione del preludio di Chopin: maldestra, nervosa e priva di passione la Crippa, capace di comunicare con impassibilità e fermezza quell“intenso sentimento represso” connaturato al pezzo suonato la Falk. Presenza marginale quella di Marco Balbi, personaggio che si mantiene quasi sempre estraneo agli eventi osservandoli dal di fuori, a volte acquisendo il ruolo di narratore, per lo più indifferente, anche di fronte alla reale incosistenza della sua relazione matrimoniale. Del rapporto tra i due coniugi è esplicativa la completa mancanza di contatto e la loro distanza fisica durante i dialoghi: ai due estremi laterali del palco pur abitando la stessa stanza.
Una foto di scena (di Massimo Agus)
Coinvolgenti ed emozionanti le musiche che accompagnano lo spettacolo, scandendone i momenti più significativi e i cambiamenti di situazione, dal dolore taciuto allo scontro violento fino ad un finale di calma piatta: il preludio n. 2 di Chopin, gli studi per piano di Edward Grieg e le composizioni originali di Stefano Saletti. A rendere maggiormente latmosfera di freddezza affettiva in cui vivono i protagonisti sono il gioco di luci di Franco Ferrari, in cui si incrociano chiaroscuri e ombre tenui, e le scene bianchissime di Aldo Buti, in cui la mobilia scelta priva di caratterizzazione lambiente lasciandolo neutro e anonimo. Solo ai lati le suppellettili dei luoghi occupati da Eva e il marito sono in legno, ma un legno chiaro che trasmette tuttaltro che il calore familiare.
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