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Delicatezze

di Roberto Fedi
  Un maiale col rossetto
Data di pubblicazione su web 11/09/2008  

E poi ci lamentiamo noi. Qualche giorno fa, la signora Palin – che per chi ancora non lo sapesse è la scatenata candidata alla vicepresidenza negli Usa per il Partito Repubblicano, e che si sta costruendo l’immagine di donna dura – parlando alla sua convention e improvvisando dopo una battuta della platea plaudente, ha detto più o meno: «Sapete qual è la differenza tra me e un pittbull? Il rossetto». Però. Ma un paio di giorni dopo, parlando durante un comizio, Obama, che sarebbe il candidato democratico per chi  avesse evitato di leggere i giornali e di guardare la Tv nell’ultimo anno, e che sembra ora un po’ indietro nei sondaggi, l’ha buttata lì così, a proposito del programma repubblicano: «È come mettere il rossetto a un maiale. Resta sempre un maiale». Però-bis.

Quelli là se le suonano mica male. Quindi, quando l’altra sera abbiamo visto per un po’ (poi, onestamente, ci siamo scocciati) D’Alema e Tremonti a Ballarò litigarsi come al solito a colpi di battutacce e strilli (soprattutto D’Alema, onestamente), togliendosi la parola di bocca, sventolando fogli che nessuno capiva cosa diavolo fossero, allargando platealmente le braccia (sempre il solito Baffino), ripetendo fino alla noia le solite manfrine eccetera, beh ci siamo quasi consolati. Mancava che uno dei due dicesse all’altro di essere una maiale coi baffi, o un maiale con il ciuffino biondino, e potevamo finalmente dirci alla pari con la campagna elettorale degli Stati Uniti. Che, visto che Qui, Quo e Qua – si legga: il suddetto D’Alema, con Fassino e Veltroni – sono andati addirittura a Denver, Colorado, per seguire la convention che ha incoronato Obama come candidato, ci consola. Fra parentesi: cosa abbiano capito i tre caballeros di quello che hanno sentito è un mistero, visto che nessuno dei tre che si sappia è fluent in inglese, anzi visto che non ne capiscono neanche una parola. Misteri della politica de noantri.

Ma  il punto sta qui, appunto (scusate il bisticcio). Che quella che si sta svolgendo in Usa è una campagna elettorale all’ultimo voto, e che naturalmente non risparmia neanche una battutaccia né una gaffe. Obama, per esempio, è apparso su tutte le Tv del mondo mentre fa una gaffe memorabile: intervistato, dice letteralmente «la mia fede musulmana». «Cristiana vorrà dire», dice il giornalista. «Sì cristiana…», si corregge Obama, un po’ stranito. È che questi qui se le danno da un anno, e sono ormai talmente cotti che ogni tanto, poveracci, sbarellano. E poi hanno l’occhio e le orecchie della Tv e dei giornalisti addosso per 24 ore il giorno.

Mica facile essere sempre compos sui.

Ora, si dà il caso che da noi la campagna elettorale sia finita da un bel pezzo. E che siamo in un’altra fase. Da nessuna parte del mondo, crediamo, la campagna dura per anni e anni dopo le elezioni. Ci sarebbe bisogno di qualcos’altro, per esempio – senza rinunciare alla polemica, per carità – di informazioni: i telespettatori, che poi sono guarda un po’ i cittadini, avrebbero il diritto di capire, e non di vedere due che si prendono metaforicamente a cazzotti, fra il giubilo del conduttore  perché questo, si dice, ‘fa’ audience.

Ma il fatto principale è anche e soprattutto questo: che quel tipo di trasmissioni, e Ballarò  ne è un esempio lampante,  hanno fatto il loro tempo. Sono facili: si prendono due galli e si infilano nel pollaio. Botte da orbi. Penne che volano. Urli. Accuse. Un po’ di sangue televisivo che scorre. Becerame del pubblico, di solito di parte. Ah, che divertimento. Il cittadino non capisce un’acca, ma chi se ne frega.

Sarebbe il caso di dire stop a questa tipologia di strasmissioni (non è un errore di battitura), vecchie, viste e riviste, diseducative, inutili (o meglio: utili solo ai politicanti di turno) e anzi dannose per la decenza della televisione.

Almeno Obama, la Palin, McCain, Biden, sono tutti nuovi. Questi qua, e non parliamo dell’età, sono più vecchi del cucco. Ne abbiamo piene le scatole.
          





Ballarò

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