Ogni anno a Venezia cè un "caso": di solito si tratta di un film italiano, meglio se una commedia, inserito in una delle sezioni minori e spesso usato come contraltare ai sempre molto criticati film italiani in concorso. Se lanno scorso era toccato a Non pensarci di Gianni Zanasi, questanno è stato il turno del Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio, inserito nella Settimana internazionale della critica. Il film segna lesordio alla regia per questo autore, stretto collaboratore di Matteo Garrone (Estate romana, Limbalsamatore, Primo Amore e Gomorra), ed è unopera tanto semplice quanto onesta.
Gianni (interpretato dallo stesso regista) è un ultracinquantenne "bamboccione" fuori corso, senza lavoro, che vive con lanziana madre (una specie di nobile decaduta), in una vecchia casa al centro di Roma. I due tirano avanti con notevole difficoltà tra debiti dal pizzicagnolo e quote condominiali non pagate. Alla vigilia di Ferragosto, lamministratore del condominio, gli propone di tenere in casa la propria mamma per un paio di giorni, in cambio di una cospicua detrazione delle spese pregresse. Lui si vede costretto ad accettare, ma le cose si complicano quando lamministratore porterà con sé, oltre alla madre, anche una fantomatica "zia Maria" (lievemente colpita da arteriosclerosi). Gianni ha un malore e chiama lamico medico, che lo visita, lo tranquillizza, ma anche lui gli lascia lanziana madre perché deve fare il turno di notte ospedale. Inizia così una divertente pochade in cui le bizze, le fissazioni e le stravaganze delle quattro arzille vecchiette traghetteranno il film verso un finale che si vorrebbe a sorpresa.
Premiato, con molta generosità, con il premio De Laurentis quale miglior opera prima, questo film ha lindubbio pregio di offrire esattamente quanto promette, senza creare particolari aspettative. Con una recitazione molto vicina alla filodrammatica, ed una regia che, ricorrendo al frequente uso della macchina a mano, tenta di staccarsi dallimpianto sostanzialmente teatrale della sceneggiatura, il film ci introduce di nuovo in un mondo di personaggi quasi archetipici della commedia allitaliana: i romani sfaccendati, che trascinano la loro esistenza tra discussioni banali e "bianchetti" allosteria, e le vecchiette capricciose ed ancora in gamba. De Gregorio si rivela un attore molto adatto al ruolo del figlio che, volontariamente, si fa vessare dalla madre, anche se, a volte, si comporta più come regista che come personaggio. Nel film vi sono molte situazioni divertenti, anche se, forse, la più sottile ed indovinata è la parodia al viaggio in scooter di Nanni Moretti, per le vie deserte di una Roma ferragostana, alla prosaica ricerca di un pesce da cucinare.
Costato molto poco per unopera produttivamente strutturata ("appena" 500.000 euro), Pranzo di Ferragosto è un esempio di come, con una buona idea e un minimo di organizzazione, si possano realizzare opere gradevoli, non proprio banali, che trovano subito il favore del pubblico. Unultima notazione riguarda lapplauso che la Mostra del Cinema ha riservato allapparire del nome del produttore Matteo Garrone, segno che non è vero che a Venezia ci siano pregiudizi contro il cinema italiano, anzi.
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