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Un tributo all'immagine dell'uomo

Gabriella Gori
  Una scena dello spettacolo
Data di pubblicazione su web 16/07/2008  

Solo una donna e un’artista dalla sensibilità e competenza straordinarie poteva pensare di costruire un evento tutto al maschile, tributando all’immagine dell’uomo e del ballerino un omaggio che resterà negli annali del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Men Only. A mosaic of dances è il titolo di una serata che Alessandra Ferri ha ideato per la 51ma edizione della manifestazione umbra riunendo il fior fiore della danza maschia internazionale in un galà memorabile che ha proposto uno spaccato della coreografia del nostro tempo. Alessandra, chiamata alla direzione artistica della sezione danza del Festival ha profuso tutte le sue energie in questa avventura dopo aver dato senza rimpianti l’addio a Tersicore nel 2007. Una decisione che ha gettato nello sconforto i suoi numerosi estimatori ma ha consentito alla danzatrice milanese di passare da davanti a dietro le quinte continuando ad essere protagonista. E proprio a Spoleto è avvenuto il debutto ufficiale di questa nuova veste con la programmazione di Men Only, Serata Kyliàn e Classical Savion, tre appuntamenti di altro profilo messi in scena nella magica cornice del Teatro Romano di Spoleto.

A ben guardare la particolarità di Men Only non risiede solo nel mostrare, come dice Alessandra, «la danza in tanti dei suoi stili per una volta interpretata tutta la maschile» ma offre il destro per una riflessione sul cammino che ha portato il men-dancer da semplice porteur ottocentesco a personaggio di spicco della scena coreutica novecentesca. Un viaggio iniziato da Vaslav Nijinsky ai primi del XX secolo e tuttora costellato di successi come dimostra Men Only. Uno spettacolo che, proponendo pezzi per “soli uomini”, rivaluta la figura maschile e in un duello a distanza con quella femminile consente al maschio di riappropriarsi del suo spazio e di far venire alla luce lo “spirito dionisiaco” e lo “spirito apollineo” che albergano in lui. La Ferri inoltre, chiamando a raccolta giovani danzatori e danzatori agés, ha mostrato al pubblico due differenti capacità interpretative legate proprio all’età. Un’età che se costituisce il discrimen tra juniores e seniores al tempo stesso è l’unica in grado di arricchire in un senso e nell’altro le performces  dei singoli artisti invitati a Spoleto.

Ad aprire “i giri di valzer” è stato Psappha, un bel lavoro di Mauro Bigonzeti del 2001  su musica di Iannis Xenakis eseguita dal vivo da Danilo Grassi. Nove elementi dell’Aterballeto, con indosso pantaloni-gonna neri firmati Kristopher Millar-Lois Swandale, inanellano sotto le luci di Carlo Cerri una serie di rocambolesche evoluzioni in aria e a terra seguendo il ritmo forsennato della batteria che, rispondendo ai respiri e ai tonfi dei corpi sul pavimento, dà vita ad una partitura nata per esaltare l’atletismo di questi giovani dionisiaci.
Di tutt’altro genere è A suites of Dances, una coreografia di Jerome Robbis sulle Suites per violoncello solo di Bach, suonate dal vivo dal Quirine Viersen e danzate da Damian Woetzel, principal dancer del New York City Ballet. La creazione, realizzata da Robbins nel 1994 per Mikhail Barysnikov, è un divertissement ironico e leggero che gioca con il codice classico e contemporaneo mentre Damian Woetzel colpisce per l’apollinea non chalance con cui sfodera la sua sapientia accademica e il sorriso con cui ammicca al pubblico, coinvolgendolo in un “gioco danza”  che diverte e strappa applausi.

Luigi Bonino
Luigi Bonino



L’esprit de finesse tocca l’apice con Charlot danse avec nous, due “frammenti” firmati da Roland Petit e ispirati a Je cerche après Titine e Les petits chaussons di Chaplin con Luigi Bonino, artista prediletto da Petit che ha creato per lui il ruolo di Charlot. Je cerche après Titine è un esilarante tete-à-tete con una sedia che si presta ad accogliere tutte le trovate di Bonino, un ballerino dotato di una notevole vis comica e di tanta energia nonostante l’età. Vero teatrante nato Luigi continua a strabiliare in Les petits chaussons, una parodia della ballerina in tutù e scarpette da punta. Vestito di nero, con una gonna bianca di tulle intorno al collo e due punte infilate nelle mani, Bonino esegue i passi in una spassosa pantomima che suscita risate a non finire nello spirito ‘dolceamaro’ del grande Charlot.

Con Le chant du compagnon errant di Maurice Béjart e le étoiles dell’Opera di Parigi Laurent Hilaire e Manuel Legris, l’ironia ‘chapliniana’ lascia il posto al malinconico canto di un uomo romanticamente in lotta con se stesso fino all’arrivo del destino che, presolo per mano, lo porta via in un finale interlocutorio. Firmato da Béjart nel 1975 per Nureyev e Bortoluzzi sui Lieder eines fahrenden Gesellen di Gustav Mahler, e negli anni ripreso da coppie famose di danzatori, dal 2003 questo Canto è ‘di proprietà’ di Hilaire e Legris che ne hanno l’esclusiva. Balletto intenso e struggente, Le chant du compagnon errant si avvale di due straordinari men-dancers che stupiscono per il pathos che infondono alle singole sequenze dei passi, magistralmente eseguite, e per la capacità di sopperire allo sforzo con una qualità di movimento che trova in se stessa la forza per vincere la fatica e il tempo che passa.

Un tempo vinto e stravinto anche da Gil Roman in Adagietto, un assolo di Maurice Béjart su musica di Mahler reso celebre da Jorge Donn. Roman, direttore artistico del Béjrt Ballet Lausanne dopo la  scomparsa del “marsigliese” e artista di fama internazionale, ha incantato il pubblico con l’esecuzione viscerale ma al tempo stesso liricissima del lavoro ‘béjartiano’. Relazionandosi con una sedia, Gil ‘dialoga’ con un senso incombente di fine che traspare dai legati estenuati, dall’impostazione allocutiva, dal ripiegamento su se stesso, dall’inutile ma invincibile  desiderio di non soccombere. 

La vita scanzonata è invece al centro di Les bourgeois, un vero e proprio ‘scherzo’ su musica di Jacques Brel coreografato da Ben Van Cauwenbergh e interpretato da Alexander Zaitsev. Bolscioniano doc per essere nato a Mosca e aver fatto parte del Corpo di Ballo del Bolscioi e ora stella del Balletto di Stoccarda, Alexander rievoca l’atmosfera parigina con tanto di cravatta e sigaretta in un amabile pezzo tutto ‘pizzicato’ che, all’improvviso, esplode in salti acrobatici e illumina la giovane età e la bellezza dell’affascinante ragazzo.

La Suite Flamenca con la Compagnia Antonio Gades, capitanata dal bel tenebroso  Adrian Galia e accompagnata dai cantanti Manuel Chacon, Juan Carrasco Soto e dalla chitarra flamenca di Diego Franco, Camaron de Pitita, J.Antonio e Zafra Moreno, dà  un eccellente saggio del baile andaluso nelle varianti solea,  farruca, zapateado, scaldando gli animi degli spettatori, letteralmente rapiti dai virtuosismi dei ballerini e dal solo di Galia. Un bailarin dalla tempra invidiabile che, ricordando in tutto e per tutto il mitico Antonio Gades, ne evoca lo spirito.    

In chiusura Savion Glover, ‘enfant prodige’ della tap dance, ha presentato con il duo Bare Soundz The evidence, una creazione ideata per il 51mo Festival di Spoleto e articolata su tre pedane che amplificano il suono metallico dei ferri del tip tap grazie a dei fili collegati a due casse. Tap-dancer di non comune musicalità e protagonista di tanti film e spettacoli a Broadway, Savion ha catturato l’attenzione dei presenti con le sue ritmate acrobazie chiudendo alla grande questo tributo all’uomo che danza un’arte senza tempo ed età.           





Men Only
A mosaic of dances



Psappha
cast cast & credits
 


A suites of Dances
cast cast & credits
 


Charlot danse avec nous
cast cast & credits
 


Le chant du compagnon errant
cast cast & credits
 


Suites Flamenco: Solea, Farruca, Zapateado
cast cast & credits
 


Adagietto
cast cast & credits
 


Les bourgeois
cast cast & credits
 


The Evidence
cast cast & credits
 



 
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