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Lamento per Funari

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 13/07/2008  

D’accordo: apparteneva a un’altra televisione, o meglio a un modo diverso di fare televisione. Meno accademico, meno politicamente corretto, meno rimpulizzito. Non che oggi la Tv sia così, anzi: ma i conduttori, che sono tutti più o meno figli suoi (anche se non lo ammetterebbero nemmeno sotto tortura) ci tengono a sembrare colti, a vestire Armani, a sorridere. Poi vengono fuori trasmissioni urlate, becere, con gente che si insulta e che insulta la grammatica (indovinate a chi ci riferiamo), con strascico di polemiche, accuse, e qualche volta querele. Di solito non ci si capisce nulla: o, meglio, si capisce solo ciò che sapevamo prima. Niente di nuovo, a parte l’esibizione scontata dei soliti tre o quattro guitti della politica. Bella roba.

Funari, che è sparito dalla vita a 76 anni (dagli schermi era sparito mesi fa, perché malato; ma in realtà molto, molto prima, buttato fuori in modo inverecondo dal Regime che ci governa, ci governava e ci governerà), era il contrario. Lui faceva un po’ il becero; e gli altri, i suoi ospiti, lì impettiti come tonni, e anche – ci sembrava – un po’ impauriti perché Funari non lo tenevano buono (oggi, quante interviste in ginocchio…). Era bravissimo: quando Bonolis, ad esempio, guarda in camera, lo imita, giustamente. Ha insegnato a tutti a stare davanti alla camera, e a muoversi nello studio – come lui non lo sa fare nessuno: o impalati pur nel vestito di sartoria, o scomposti, o imbarazzati al punto da dover tenere qualcosa in mano perché sennò non sanno dove mettere quelle appendici ingombranti. Ha insegnato a parlare semplice, anche se nessuno ci riesce come lui; a guardare gli ospiti, spesso potenti, e poi l’occhio della telecamera, e quindi lo spettatore, per far capire che stava dalla sua parte, di quello che era a casa.

In lui anche il romanesco era un tratto di stile, e non una banale ricerca di consenso triviale; fumava in studio, quando si poteva, e almeno noi (che non fumiamo) non ci sentivamo offesi né indotti in tentazione. È morto, probabilmente, perché ha fumato troppo, come in un contrappasso crudele.

Abbiamo citato Bonolis perché a lui si deve un omaggio straordinario al vecchio e indomito Funari, in una puntata del suo Senso della vita di tre anni fa che, quasi certamente senza una programmazione in quel senso, fu dedicata tutta a lui: eccezionale. La recensimmo allora (Funari forever), e la ricordiamo ora come un momento alto di televisione: di una televisione non banale, vogliamo dire, non ingessata, non di plastica, non preordinata né a tema come quelle che ci ammorbano tutti i giorni. Se fossimo in lui, la rimanderemmo in onda.

Non possiamo dire che ci mancherà, perché era tanto che non appariva in Tv, a parte una serie, abbastanza recente, che non si rivelò adatta a lui (Apocalypse show). Anni fa, molti anni fa, fu messo alla porta dalla Rai non si capì mai perché. Nessuno lo difese, ma veramente nessuno. Non era legato a partiti, specialmente a quelli che piangono sempre sui loro martiri miliardari, e così se ne andò in una Tv privata di serie B. Alla Rai non gliel’abbiamo mai perdonata.

Un consiglio: se non siete al mare, guardate su Internet l’ultimo filmato che gli dedicarono Le Iene. Straordinario.







 

Funari Forever

di Roberto Fedi




 
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