Lesposizione in corso fino al 7 settembre presso il museo nazionale del Bargello di Firenze dimostra ancora una volta che il buon vino sta nelle piccole botti o, per essere un po meno legati alla saggezza popolare, che le mostre piccole sono spesso più interessanti di quelle grandi. In questo senso laccorta direzione di Beatrice Paolozzi Strozzi già aveva operato lo scorso anno, con la bellissima esposizione delle sculture di Arnolfo di Cambio. Non certo sconosciuto ma non così noto al grande pubblico come merita è anche il protagonista di questanno, Vincenzo Danti.
Autore dei grandi bronzi del Battistero (come recita il titolo della mostra e del corposo catalogo a cura delle direttrice stessa del museo e di Charles Davis), ma non solo, il Danti è il giusto protagonista del risarcimento che il museo vuole assegnare ad un talento scultoreo troppo, anche se giustamente, rimasto nellombra dellingombrante genio michelangiolesco.
LOnore che vince lInganno
I venticinque pezzi, scelti con grande competenza, vero specimen della più vasta produzione dell artista, (statue, bassorilievi, marmi e bronzi) narrano in maniera compiuta la vicenda di questo perugino, folgorato sulla via di Roma dallarte del grande Buonarroti e poi stabilitosi con successo a Firenze alla corte di Cosimo I assieme al fratello Egnazio, geografo e inventore di mappe e carte oltre che, per i teatranti, di quei meccanismi mobili che permisero alla scena rinascimentale di passare dalla monotonia (inevitabilmente anche drammaturgica) della scena fissa, alla varietà (anche drammaturgica) di quella mobile.
Insieme alla conferma della qualità del vino nelle piccole botti la mostra potrebbe confermare un altro scampolo di saggezza popolare e cioè che i migliori allievi sono quelli che non hanno rapporti diretti con i maestri ma con le loro opere. In effetti non si potrebbe riscontrare maggior fedeltà (senza soggezione o pedissequa ammirazione) allopera di Michelangelo di quella che respira nellopera di Vincenzo, che mai del grande fu discepolo o collaboratore. Certo le sue opere non potrebbero essere tali senza la lezione del genio ma come non riconoscere una forza autonoma ai grandi bronzi del battistero o, tra le altre, allOnore che vince linganno? Come non riconoscere la continuità di una personale ricerca espressiva, la varietà di applicazione che se rende difficile l individuazione di uno stile approda invece a quella che la curatrice definisce come polifonia dellartista?
Leda
Se il poderoso catalogo è forse un po ponderoso per il pubblico estivo che si ristora nel cortile e nelle belle sale, è invece un regalo per gli appassionati di scultura e un vero libro di referenza per gli studiosi. Insieme ai saggi fondanti della parte critica (affidati a Beatrice Paolozzi Strozzi, Cristina Acidini, Francesco Federico Mancini, Alessandro Nova, Marco Collareta, Charles Davis, Claudio Pizzorusso, Marco Campigli e Dimitros Zikos) ci piace segnalare la ricca sezione dedicata al rendiconto dell impegnativo lavoro di restauro effettuato su alcune opere (lo sportello della cassaforte di Cosimo, la decollazione del Battista).
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