Gli ori del teatro più sovraccarico del mondo (lopera Garnier alla quale lopera Bastille ha sottratto gli allestimenti più tecnologici lasciandole comunque il primato per la stagione di danza e per più misurati allestimenti) hanno riflesso questanno, immaginiamo con qualche perplessità, le scene approntate da Malgorzata Szczesniak per la regia di Krysztof Warlikowski e la concezione video di Denis Guéguin, dellIfigenia in Tauride, tragedia lirica in quattro atti di Christoph Willibald Gluck.
Poiché laggettivo “provocatorio” designa ormai quanto di più banale e prevedibile si possa vedere sulle scene, insieme a “dissacrante”, diremo con tranquillità che la regia era provocatoria e dissacrante, e non indugeremo troppo a dar soddisfazione a questi “provocatori” che hanno ambientato in un moderno ospizio la vicenda euripidea dellarrivo di Oreste in Tauride, dove la figlia di Agamennone è stata condotta da Diana per sottrarla al sacrificio a cui il padre laveva sottoposta per avere dagli dei il via libera allimpresa troiana. Ifigenia è da molti anni colà sacerdotessa della dea, salvifica ma crudele, che le impone di uccidere tutti gli stranieri che sbarcano dal mare.
Ifigenia in Tauride
La storia euripidea è nota, e complessivamente rispettata dal librettista Nicolas-François Guillard, ed è una storia di amor fraterno (il sentimento di incomprensibile legame che la vergine sente per lignoto forestiero, il suo rifiuto di ucciderlo) e di amor amicale (il duetto in cui Oreste e Pilade si disputano il diritto a morire lun per laltro nel sacrificio voluto dal crudele re Toante). Una storia di sentimenti perfetta per quella riforma che il compositore stava definendo in quegli anni e che proprio con questopera porterà a compimento (venne rappresentata allAcademie royale de musique nel 1779). La semplificazione degli intrecci, il rinnovamento della declamazione della tragédie lyrique francese, la ricerca della verità drammatica, della semplicità e della naturalezza, la partecipazione del coro non più soltanto come sostegno alle voci ma come vero e proprio personaggio, insomma un nuovo sentire che si appunta sui sentimenti umani e sulle loro sfumature.
Ifigenia in Tauride
La sensibilità più intima, più vicina agli uomini e finalmente sottratta alle pomposità degli dei trova in Ivor Bolton un concertatore finissimo e degli interpreti che scavalcano agevolmente le pretestuose trovate registiche, restituendo unopera compiuta e complessa, a partire dalla bravissima Mireille Delunch (detentrice del non facile ruolo in titolo), di Yann Beuron (Pilade) dalla limpidissima voce di grazia e Stéphane Degout (Oreste), mentre Frank Ferrari (Toante) patisce così pesantemente la stupida banalizzazione registica da essere suo malgrado danneggiato. A occhi socchiusi, comunque, un ascolto di grande qualità (né provocatorio, né dissacrante).
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