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Dov'è l'ironia?

di Sara Mamone
  "Elegy"
Data di pubblicazione su web 14/02/2008  
Se c’è una cosa che non porta a niente è raccontare le trame di film tratti da romanzi di forti personalità, ancor più quando la trasposizione è "fedele".
Elegy, amorosamente accompagnato nella sua trasmigrazione dalla pagina allo schermo dalla catalana Isabelle Coixet ci pare un esempio perfetto. Philiph Roth ci perdoni ma la storia del suo The dying animal (in Italia L’Animale morente) si può riassumere cosi: il carismatico professor Kepesh, costantemente circondato da vogliose e ammirative studentesse le tiene comunque a debita distanza, godendo di questa ammirazione che pare bastargli e delle confidenze con il collega e amico, un po’ omologo, George. Non può durare così e infatti ecco comparire a lezione Consuela, bella e vitale, intelligente e, l’avete capito, irresistibile per questa specie di Unrath da college.


 
In breve tempo, sapendo lo stretto indispensabile di lei, non solo se la porta a letto ma se ne innamora, ne viene travolto, dimentica la ventennale compagna di raffinati giochi erotici Carolyn. La sincerità, l’intelligenza, il coraggio intellettuale di lei paiono trasformarlo, insegnandogli a conoscere i suoi limiti e i suoi veri desideri. Tra questi quello mai provato del possesso, con conseguenti pedinamenti, umiliazioni, gelosie. Ma lei lo ama davvero e lo invita alla festa di laurea, dove lui non andrà ferendola a morte e costringendola a lasciarlo con un accorato messaggio alla segreteria telefonica. "Non mi cercare più" e lui, pur soffrendo, non la cerca. Sarà lei a cercarlo, due anni dopo mentre impazza il carnevale (no, dev’essere Natale o capodanno, insomma quando ci si sente più soli) e, occhi cerchiati e capelli corti, gli comunica di avere il cancro, al seno. Gli chiede un ultimo favore: prima dell’intervento distruttivo faccia delle foto ai quei seni che ha amato tanto.

 
Dov’è l’ironia, dov’è l’autoironia che fa di Roth uno dei più grandi scrittori del nostro tempo? Per fortuna il polpettone è affidato a due attori a cui non la si fa. Sono belli sono bravi, sono intelligenti, lui è carismatico come il suo personaggio, lei dà vita a tutto quello che tocca. Ben Kingsley e Penelope Cruz non fanno ridere. Riescono a non far piangere. A loro non si può chiedere di più. Alla regista sì.

Elegy
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