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Rivisitazioni di genere

di Sara Mamone
  "Julia"
Data di pubblicazione su web 12/02/2008  
Come nel suo primo e noto lungometraggio La vita sognata degli angeli il francese Erick Zonca, dà spazio ad una storia fatta di apparenti perdizioni (o per lo meno smarrirmenti) e di sostanziali aperture alla speranza. Un regista ottimista dunque? Surtout pas, ci mancherebbe, non valicherebbe certo le frontiere dei festival (quello di Cannes del '98 l'ha pure vinto con le due protagoniste Elodie Bouchez e Natacha Regnier). No, ottimista mai, ma abile tessitore di storie multistrato sì. E soprattutto accortissimo selezionatore di affascinanti protagoniste. Comunque vadano le cose, chi potrà mai criticare la scelta di Tilda Swinton, attrice eccelsa per talento, mestiere, aura snob e trasgressiva (e immaginiamo, di diritto candidata ad un pensierino di premio finale)? E cosi nella sua botte di ferro Eric Zonca con la complicità di Aude Py imbastisce una storia a vari livelli in cui la trama altro non è che l'occasione di un omaggio al cinema e ai suoi generi, oltre che, naturalmente, ai suoi interpreti.




Non nascostamente ispirato a Gloria di John Cassavetes, rivisitazione di genere per la moglie Geena Rowlands, Julia è dunque una rivisitazione al quadrato, in cui l'omaggio al thriller si stempera in quello al road movie etc, etc. Ovviamente niente da ridire sulla suggestione delle immagini, tra violente accelerazioni e primi piani, campi lunghi, panoramiche infinite etc. E la storia? Un continuo indovinello di riferimenti, citazioni, allusioni. Ma anche con una possibile lettura lineare. Proprio proprio lineare no, però possibile da seguire, nonostante i continui rispecchiamenti e capovolgimenti. Eccola: Julia è un'alcolista che manipola la gente, cosa che, essendo pure Tilda Swinton (anche quando esce devastata dalla più squallida scopata nella più squallida macchina col più squallido brooker sembra uscita da un defilé vintage) le riesce benino. Tra una derapata notturna e l'altra Julia vivacchia facendo lavoretti infimi fino a quando in un raduno di alcolisti incoccia (il luogo è ovviamente propizio) una fuori di testa più fuori testa di lei che le propone di aiutarla a rapire il suo bambino, affidato, non senza qualche ragione, al ricchissimo e inflessibile nonno spietato capitalista che lo affida ad un custode un po' pirla per le quotidiane passeggiate a pesca lungo il fiume). Armata di pistola e di opportuni soccorsi alcolici Julia deve rapirlo e portarlo poi in Messico, madrepatria della madre che li attende colà (in realtà la perdiamo del tutto e la ritroveremo solo nel defilé che gli attori fanno alla Berlinale prima della conferenza stampa).



Naturalmente d'ora in avanti nulla sarà come previsto. L'ingegnosa alcolista, fa da sè e fa ben più che per tre. Uccide la guardia del corpo, si impossessa del bambino (un pastoso e antipatico Aidan Gould), gli fa attraversare mezza America, alternativamente lo infila nel bagagliaio o in sordidi compiacenti motel, ricatta per telefono l'arido capitalista, in cui batte però un vero cuore di nonno, e beffa regolarmente la non efficiente polizia messa alle sue calcagna. Quando tutto pare risolversi e la rapitrice, in attesa di prendersi il malloppo comunque concesso dal trepido nonno lascia provvisoriamente la creatura nel deserto, ulteriore capovolgimento. Annusando il pericolo di una trappola Julia fugge dal luogo dell'appuntamento e corre affannata nel deserto a recuperare quello che, restando sempre il suo capitale, pare però ispirarle una nuova tenerezza.


 

Fine? Proprio no. Abbiamo una duplicazione messicana dove tra urla e violenze (il nord e il sud nel mondo paiono sempre più dividersi al cinema tra popolazioni silenzioso-algide e urlo-gesticolanti) assistiamo ad una bella esercitazione pulp. Capovolgimenti di tutti i tipi, terreno sempre più infido, rapimento finale da parte di malviventi che (oh, ironia!) chiedono a Julia il riscatto per quello che credono suo figlio. Mentre va a buon fine la trattativa con il recuperato nonno nord americano Julia, in preda a sentimenti nuovi "scambia" il bambino rapito con il riscatto pagato dal nonno e, in una non memorabile scena notturna in autostrada, recupera insieme la creatura e la sua dignità di donna, e pure di madre. Fine. Il bello di queste operazioni culte (e quale attrice di culto può oggi competere con la Swinton?) è che tutto quello che non convince può essere agevolmente incellofanato nell'omaggio di genere. Passi anche stavolta.

Julia
cast cast & credits
 



 
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