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La morte a Perugia

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 10/11/2007  

Eravamo all’estero (scusate la latitanza) ed ecco che ci arriva la notizia via Internet della ragazza inglese uccisa a Perugia. Ci dispiace, ovviamente, ma lì per lì non diamo al fatto più importanza di quello che ha: ne succedono, di queste cose, purtroppo tante. Poi torniamo nel Bel Paese, e ci accorgiamo che da almeno una settimana non si parla d’altro.

Stupore. Poi, nonostante il jet-lag, qualcosa arriviamo a capire. Il delitto di Garlasco langue, ahimè: e allora, cosa c’è di meglio di un altro atroce omicidio (una ragazzina accoltellata, sangue dappertutto, particolari macabri, dita insanguinate sulla parete…e poi sesso, che come si sa ‘tira’ moltissimo) per passare un mesetto a darci dentro con trasmissioni ad hoc e inviati dei giornali? Ce ne fossero…

Allora guardiamo un po’ di televisione, con disgusto crescente, se non altro perché quella città la conosciamo bene (chi scrive ci insegna da oltre dieci anni). E ne sentiamo di tutti i colori, se così si potesse dire. Con la variante che qui, a differenza di Garlasco, ci sono già tre in galera, e quindi non c’è da stare tanto lì a discettare su chi sia l’omicida. Almeno secondo i magistrati e la polizia, è uno di quei tre. Quindi il caso sembrerebbe quasi chiuso, e semmai da utilizzare (giornalisticamente s’intende) ancora per chiedersi qualche cosa di interessante, sia pure nello sgomento. Per esempio, come sia possibile che tre persone, due giovanissime e una un po’ meno, ritenute ‘normali’ possano aver fatto quello scempio (se l’hanno fatto loro, naturalmente). Per esempio, cosa ci sia dietro alla tanto sbandierata gioiosa normalità della città, che forse tanto gioiosa e ‘normale’ non è visto quello che è successo e che si intravede nelle pieghe dell’episodio.
Figuriamoci. Schiere di giornalisti che soggiornano davanti alla casetta del delitto, e informazioni più o meno zero. Per esempio, e solo cogliendo fior da fiore:

1.Nessuno ha finora capito che cosa facessero i tre ragazzi, e cioè la ragazza uccisa e i due cosiddetti (che fantasia!) ‘fidanzatini’. In un primo tempo si parlava di Università, così come veniva. Poi si è capito che il ragazzo è laureando in Ingegneria. E le altre due? Boh. Ora: come chiunque in città avrebbe potuto dire facilmente ai giornalisti, se solo questi si documentassero, a Perugia ci sono due Università: quella ‘Per Stranieri’, e l’altra più tradizionale, detta ‘Degli Studi’. Entrambe statali. Alla Stranieri ci sono corsi per stranieri, e corsi per italiani. È o sembra essere chiaro che Amanda, la ragazzina americana, frequentava la Stranieri; l’altra, quella uccisa, era studentessa Erasmus. Non si è ancora capito in quale Facoltà. Non è che si tratti solo di un dettaglio: è il minimo, per giornalisti non solo interessati al sangue. Invece, nulla.

2.Lumumba, il trentottenne (o trentasettenne? boh) nero in prigione, è il nipote di Patrice Lumumba, quello vero, leader congolese ucciso come è noto nel 1961. Ma davvero? Sì, anzi forse no. Forse sì. No, anzi: sedicente. Più no che sì. Ora: non che la cosa abbia importanza, ma si può essere più superficiali? Chi scrive per esempio si chiama Fedi: non per questo è nipote dello scultore Pio Fedi, l’autore del Ratto di Polissena in piazza della Signoria a Firenze. Qualcuno dovrebbe spiegare ai giornalisti che esiste una cosa che si chiama omonimia.

3.Per il colore locale, ecco che si sprecano le interviste, su tutte le reti (per esempio una decina oggi, 9 novembre, su L’Italia sul Due, Rai2, primo pomeriggio). Che sono tutte così: si ferma uno per strada, e gli si ficca il microfono in bocca. Cosa pensa del delitto? Si snocciola allora una smitragliata di luoghi comuni da far annoiare un sordo: ‘È una tragedia’. ‘Chi l’avrebbe detto?’. ‘Non si sa dove si va a finire’, e altre perle degne del Pulitzer. Qualche intervistatore provoca la risposta: ‘lei ha paura?’. E che dirà la signora anziana colta al volo in piazza? Che sì, certo, ha paura, e che ormai non si può più uscire di casa (lei è uscita, naturalmente: mica l’hanno intervistata in cucina).

4.Si intervistano poi gli studenti. Che, se fossero tutti così, sarebbe meglio chiudere da domani tutt’e due le Università. ‘Non la conoscevo ma nella foto mi sembra  una brava ragazza’. ‘La conoscevo di vista ed era sempre riservata’. ‘Sembra impossibile, poche ore prima era qui viva’. Lapalisse sembra al confronto un genio. Alla prudente e imbarazzata domanda ‘ma i festini li fate? ma qui si fuma?’, la risposta è un coro di ‘no’ quasi indispettiti. Un paradiso, un Eden, un asilo infantile delle suore dell’Ottocento. Figuriamoci.

5.Ovviamente si potrebbe andare più a fondo. Per esempio parlare di piazze, piazzette, centro storico dove è più facile incontrare spacciatori che trovare un vigile. La ventenne ora in prigione ha detto che quella sera era talmente fatta che non si ricorda più nulla; l’amico, che era appena andato in centro “a comprare il fumo”. Dove? Da chi? È così facile come comprare le Marlboro? Ma queste sono cose che scoccia dire. Non c’è sangue, e allora chi se ne frega.

Si potrebbe continuare. Dite che manca solo quello che ipotizza il satanismo e l’omicidio rituale? No, c’è. Nella trasmissione sopra citata – una delle più inutili mai viste da decenni – c’era in studio un tale, rappresentante di un non meglio (da noi) identificato Osservatorio Giovani, che ha detto e ripetuto che secondo lui era un omicidio rituale, da setta satanica. L’americana fermata infatti in un suo blog aveva pubblicato un raccontino dell’orrore, dato che frequentava un corso (a Seattle) di  scrittura creativa. Roba sospetta, ragazzi. Roba satanica.


Ma andate a quel paese.








 
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