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Ifigenia in Aulide all'Olimpico di Vicenza

di Carmelo Alberti
  Ifigenia in Aulide, affresco pompeiano
Data di pubblicazione su web 01/10/2002  
Il Teatro Olimpico di Vicenza è simile a uno spazio della sorpresa che, in virtù della sua specificità, costringe gli artefici dello spettacolo a superare un esame preliminare, tutt'altro che facile: l'allestimento della tragedia Ifigenia in Aulide di Euripide, riletta nella fluida traduzione di Dario Del Corno e trascritta in scena dalla ragionata regia di Piero Maccarinelli, ha superato questo esame. La messinscena adopera l'intero proscenio, ricoperto da un selciato di pietra, e chiude le tre arcate della scena fronte con pannelli trasparenti, sopra i quali Franco Fontana proietta un mare e un orizzonte in movimento; nel sottofondo si odono il frangersi delle onde e altri suoni arcaici, musicati da Marco Betta.

Inoltre, sul filo della memoria storica, l'allestimento ricuce lo strappo fra palcoscenico e sala, facendo transitare i protagonisti lungo il ballatoio della prima gradinata e, soprattutto, ponendo a sedere accanto agli spettatori la donna di Calcide, una felice sintesi del coro trasferito in una sola presenza. L'effetto conclusivo è inatteso, perché finalmente solleva le cortine e, una volta concluso il viaggio tragico, scopre la consueta e rasserenante scenografia palladiana. L'intervento sul testo procede dalla scelta di un'ambientazione primo-novecentesca, che contrassegna in prevalenza l'abbigliamento, a iniziare dalle divise militari indossate dai protagonisti.

La flotta e l'armata greca, pronte a salpare per punire i barbari di Troia, sono ferme in Aulide a causa della contrarietà di Artemide; per placarla, occorre sacrificarle una vergine. Agamennone sembra deciso ad immolare Ifigenia, la figlia prediletta; intanto l'ha attirata con l'inganno, insieme alla moglie Clitennestra, inventando un matrimonio con Achille. La tragedia ha inizio con il tormento del condottiero che, pentito, vorrebbe impedire l'arrivo delle due donne. La scrittura tagliente di Euripide penetra le coscienze di Agamennone e di Menelao, svelando la natura controversa del loro valore, ponendo in luce ambizioni e ottusità. La personalità del comandante supremo, acceso sostenitore di una guerra distruttiva, sebbene sia nata da una scusa futile, come appare il tradimento di Elena con Paride, si offusca gradualmente, fino a svelare i tratti del fanatismo e della menzogna, perpetrati a danno esclusivo della propria famiglia.

È questo uno dei passaggi che il regista sottolinea con più determinazione: pur esitando, tra le lacrime e i ripensamenti che poco s'addicono al comportamento di un eroe, il padre delibera il sacrificio della figlia più amata. Quando entrano in scena Clitennestra e l'innocente Ifigenia Euripide insiste nel segnalare la loro diversità rispetto alla sanguinaria cecità dei soldati e dei loro condottieri. Una volta scoperto l'inganno paterno, la vergine appare alla stregua di un'adolescente devota, che trova nella sua ingenuità le ragioni per accettare la terribile scelta di colui del quale si fida. Il tono delle sue parole resta confinato nell'ambito del sentimento, mentre si tramuta in ira e in maledizione lo strazio della madre, che tenta con disperazione di porre rimedio all'insania dei principi greci e all'irresponsabilità del marito.

La regia segue con cura l'evolversi del dramma, lasciando scorrere entro l'arco del giorno un'impossibile trasformazione catartica: la preclusione di ogni via di salvezza mal si compensa con l'assunzione in cielo della fanciulla, una svolta finale che sembra più una favola da raccontare ai creduloni. Maccarinelli coniuga la tragicità dell'opera con un atteggiamento critico verso la contemporaneità: coraggiosamente sospinge la brava Leda Negroni a diventare la voce della coralità che osserva e considera, stando dalla parte degli spettatori. Il suo commento è distribuito lungo le gradinate del teatro come un racconto eterno, senza fine, di fronte al quale si può rimanere attoniti. Di fatto, la lacerazione interna alla famiglia degli Atridi è la spia del disagio di un'umanità sospesa nell'attesa secolare in una delle stazioni di transito dall'arcaicità alla modernità. Il nucleo portante degli interpreti, apprezzabili seppure soggetti a forzature enfatiche e in qualche caso al vizio del gigionismo, è rappresentato da Giuseppe Pambieri, un mutabile e insolito Agamennone, da Lia Tanzi, energica e graffiante Clitennestra, da Micol Pambieri, fragile eppure decisa Ifigenia; Sandro Palmieri è un inetto Achille, del tutto racchiuso nella presunzione del suo imbattibile eroismo.

Ifigenia in Aulide
cast cast & credits
 
vd. anche Ifigenia in Tauride 
 
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