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Un treno di lacrime

di Roberto Fedi
  Antonella Clerici
Data di pubblicazione su web 01/10/2007  

Avete avuto una settimana di quelle da bestemmiare per ventiquattr’ore al giorno? Pensate che questo mondaccio sia una valle di lacrime? Insomma: vi girano? Beh, un consiglio. Non guardate Il treno dei desideri (sabato, prima serata, RaiUno). Correte il rischio di buttarvi dalla finestra, garantito.

Questa bella trasmissionciona (sabato 29 settembre è finita alle una di notte: abbiamo tenuto accesa la televisione per vedere fino a dove erano capaci di arrivare), condotta da Antonella Clerici, ci farà compagnia – chi volesse soffrire senza risparmio – a lungo, visto che è abbinata alla Lotteria Italia. È alla terza edizione, il che conferma l’assioma che al peggio non c’è limite, ma anche che perseverare è diabolico. È semplice: la gente (madonna che gente) esprime un desiderio per lettera alla fatina buona (pardon: alla fatona bona) Antonella. Per esempio: la mi’ mamma che ha tanto sofferto nella su’ vita ci piacerebbe che avesse una serata da principessa (non si dice pe’ finta: c’era, e toscanofona). Oppure: tanti figli e la casa piccola e da restaurare, e ce lo meritiamo perché ci si vuole tanto bene. Oppure: il mio sogno sarebbe di vedere e toccare Maradona, perché quando giocava non mi potevo permettere di andare allo stadio (e poi ho anche tante disgrazie in famiglia). E così per quattro ore.

Il bello è che in studio, arredato come se fosse una stazione psichedelica, insomma da strafatti, insieme alla Cuoca d’Italia ci sono anche i protagonisti. La scollatura-più-generosa-di-tutte-le-cuoche-del-mondo non fa a tempo ad avvicinarsi a questi qua, che quelli zac!, cominciano a piangere. Ma non una lacrimuccia: cascate del Niagara, tzunami, mareggiate di lacrime. A quel punto per simpatia (è un fenomeno fisico) anche i presenti in studio piangono, anche se a regola non dovrebbero sapere di che. Singhiozzi come se avessero ingoiato una pallina da tennis. La Mole Antonellona spiega il perché del desiderio e racconta le storie: e lì – ci dispiace dirlo, ma è per la cronaca – ecco figli disabili, padri fuggiti, figli suicidi, ragazze madri, povere ragazze africane ammalate di tumore. Un repertorio da far impallidire uno sceneggiatore di serial del pomeriggio. Tutto vero, per carità: ma insomma.

Tutti lì presenti e piangenti, naturalmente. Il pubblico applaude, non si sa bene a che: alla disgrazia? Alla malattia? Alla sventura? Boh. La Rai, anzi Mamma Rai così generosa e compassionevole come i Re d’una volta, esaudisce il desiderio – si presume avendo scelto quello più commovente. Quindi manda gente a rifare la casa (è un format americano), veste la mamma come Cenerentola prima di mezzanotte (veramente erano quasi le una, ma sorvoliamo), fa arrivare Maradona osannato come se fosse Gesù, fa ritrovare in diretta la mamma eritrea (ci sembra) alla figlia malata di tumore. Naturalmente anche la Clericiotta versa calde lacrime nel decolleté. Il bello è che nel sito web della trasmissione si legge che si parlerà di “desideri caratterizzati sempre da un'atmosfera positiva e divertente, trattati con l'ironia e la leggerezza che sono le peculiarità della conduttrice, molto lontana dalla ricerca della facile emozione e delle lacrime in primo piano”. Che è, ci sembra, la migliore battuta che abbiamo sentito da un pezzo.

I beneficati che debbono fare?  piangono e ringraziano. Una ha anche detto “grazie Rai!”, come negli anni Cinquanta. “Sempre grazie Rai!”, ha ribattuto la Clericiona – e ti credo. Resta l’imbarazzo, per non dire altro, di un ‘prime time’ lussuoso, peggio che nazionalpopolare, dove ad una riffa nazionale (la Lotteria) si abbina una specie di riffina di beneficenza, come neanche le dame di San Vincenzo più estremiste avrebbero saputo immaginare nei loro sogni più erotici.
Di là, su Canale 5, c’era la De Filippi con i suoi perduti e ritrovati, i barriti e i singhiozzi. C’è sembrata al confronto, davvero, un’austera dilettante.


PS. Lo sappiamo che ci considerate cinici. Ma ci affidiamo a Oscar Wilde: “Di fronte a questo spettacolo – ebbe a scrivere – solo un cuore di pietra avrebbe potuto non mettersi a ridere”. E tanto basti.





 

 


 






 
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