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Problemi di salute

di Riccardo Castellacci
  Sicko
Data di pubblicazione su web 04/09/2007  

Cosa accade se vi procurate un bel taglio sul ginocchio, uno di quelli profondi che quasi si intravede l’osso? Prendete ago e filo e cercate di ricucirvelo? Molto improbabile. Eppure è quello che potrebbe capitarvi se foste uno dei 50 milioni di cittadini americani senza assicurazione privata, un lavoro stabile, dei risparmi da spendere. In questo caso, in seguito a un banale incidente, potreste anche scoprire che riattaccare la falange del dito medio costa $ 60 000, ricucire quella dell’anulare solo $ 12 000. A questo punto non vi rimarrebbe che scegliere, in base a quanti soldi avete a disposizione, se siete dei romantici o dei metallari incalliti.

Sicko di Michael Moore si apre con i proclami di W. Bush sulla condizione dei medici in Usa e prosegue con l’immagine di Alan che si ricuce il ginocchio nel salotto di casa mentre il gatto sonnecchia in un angolo. Il film non racconta la storia dei poveri diavoli privi di un’assicurazione sanitaria (di quelli ne muore 18 000 l’anno, tanto basta perché s’inneschi un evidente processo di selezione naturale), ma quella della piccola e media “borghesia” che ha un regolare contratto di assicurazione col quale tutelare la propria salute e il proprio benessere. Arrivare al contratto non è semplice. Con la musica e lo stile dei titoli di coda di Star Wars vediamo parte della interminabile lista di tutte le malattie, disturbi, prerequisiti, che un americano non deve avere se vuole sottoscrivere un’assicurazione. Fantascienza? No, satira, e un po’ crudele anche. In questa scena saranno molti quelli che si sorprenderanno a ridere, come il sottoscritto. Sarà perché sono un europeo (e anche fortunato dato che l’Italia è al secondo posto, subito dopo la Francia, nella classifica della sanità che appare nel film)? o forse perché Moore riesce a risvegliare il mio antimericanismo mai completamente sedato, l’inconfessabile senso di superiorità nei confronti dell’americano medio, ignorante e bifolco, o saccente e ricco, che si è sviluppato a mia insaputa, e contro la mia volontà di amante della sfaccettata cultura statunitense?

Il buon cittadino americano che è riuscito a ottenere l’assicurazione può ora disporre delle cure degne del più potente e ricco paese del mondo? Sono sufficienti una serie di sventure, l’accanirsi di gravi malattie, e tutto precipita. Marito e moglie sono costretti per pagarsi le cure a vendere la propria bella e spaziosa casa e a trasferirsi nello stanzino della figlia. O un settantenne deve continuare a lavorare per procacciarsi le medicine di cui ha bisogno per vivere. Dietro l’angolo di chi ha stipulato un contratto assicurativo si cela un mostro dai mille tentacoli che appare nelle vesti eleganti di una parola: denied, rifiutato. È questa la parolina magica che le compagnie fanno scattare per rifiutare un costoso trattamento che potrebbe salvare la vita di una persona. Per le assicurazioni è una questione economica, la spietata legge del profitto.

Moore conduce lo spettatore in un viaggio nei gironi delle assicurazioni, più che di ospedali o sale operatorie e sceglie come narratori due tipi di vittime: da una parte i malati e i loro parenti, con le loro strazianti storie, dall’altro i piccoli funzionari del potere, gli ex-dipendenti delle compagnie, costretti ad eseguire gli ordini.

In Sicko, Moore abbandona il fastidioso protagonismo e una certa dietrologia di Fahrenheit 9/11 e, ricollegandosi al discorso iniziato con Bowling a Colombine, torna a denunciare, ironizzare e interrogarsi sulle contraddizioni della democrazia americana. Come quella per cui il settore militare è il solo a garantire una sanità gratuita e di qualità. Per questo Moore organizza una carovana di disperati in cui invita gli eroi dell’11/09, i pompieri di New York, molti dei quali ora malati, sofferenti alle vie respiratorie, scossi dal punto di vista psicologico, e la dirige verso Guantanamo, nel carcere militare di massima sicurezza sulle coste cubane. Lì i prigionieri vengono curati meglio dei normali cittadini. Il gruppo si avvicina soltanto a Guantanamo, ed è costretto a ripiegare su Cuba. Scoprire che nella patria del nemico le cure sono gratuite e che lo stesso farmaco costa 5 centesimi invece di $120 è per gli eroi dell’11/09 una scioccante vergogna.

Forse una delle parti più deboli del film è il confronto con gli altri paesi europei. Moore mostra la situazione in Canada (molti cittadini americani si sposano con canadesi per poter sfruttare il loro servizio sanitario), Inghilterra e scopre un eden piuttosto inverosimile in Francia (la prima in classifica, ricordo, mentre gli Usa raggiungono il 37° posto), con lo stato che fornisce anche la baby sitter. Ma anche questa visione è il frutto di una idea distorta, perché di fatto la sanità pubblica appare agli occhi di un americano un ossimoro indecifrabile.

La politica ha le sue responsabilità? Sì, e molte facce. Da Nixon, che in un dialogo registrato rivela il progetto di una sanità privata che avrebbe permesso di arricchire i funzionari a discapito dei disperati, passando per i tentativi di riforma mai realizzati da senatori e ministri che esaurita la carica sono assunti nelle compagnie di assicurazione con contratti milionari, si arriva alla prossima probabile candidata alla Casa Bianca, Hilary Clinton. Fu lei che provò durante il primo mandato del marito a istituire una sanità pubblica, ma perse la partita con le compagnie assicurative che ora sono fra i suoi più importanti finanziatori.

Se non sopportate Moore e la sua retorica almeno guardatevi la lezione di democrazia che Tony Benn, laburista inglese classe 1925, riesce a sintetizzare in un minuto e mezzo (circola anche su YouTube). Benn ripropone idee così semplici, nette e radicali che sembrano quelle di un folle: è la democrazia, quella nata dalle ceneri del dopoguerra, la vera grande rivoluzione; ma ad essa si oppone il controllo delle persone che si ottiene con il terrore e la demoralizzazione. Una nazione i cui cittadini siano sani, colti e fiduciosi sarebbe più difficile da controllare. Illuminato dalle parole di Benn, Moore comprende che la mancanza di una sanità pubblica in America dipende dalla paura, non tanto del socialismo, quanto di una democrazia che dia realmente voce anche alla parte oppressa della società. Ma in fondo Moore è convinto che l’America ha in sé la forza per attuare questo rovesciamento. Come diceva Tocqueville, nella frase che chiude il film “la grandezza dell’America sta nella sua abilità a riparare i propri errori”.

Certo per noi italiani, europei, il sistema sanitario americano - di cui Sicko ha il merito di svelare alcuni risvolti oscuri e inquietanti - risulta incomprensibile, e se qualcuno provasse a smantellare la sanità pubblica scatterebbe una rivolta, una vera rivoluzione, no?









 


 





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