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La malinconia di Arpagone

di Laura Bevione
  L'avaro di Molière, regia di Gabriele Lavia
Data di pubblicazione su web 02/12/2003  
L'Avaro è uno scintillante esempio di sapienza teatrale e la prova di come la drammaturgia possegga risorse tali da rendere ancora nuova e coinvolgente anche una trama antichissima come quella del vecchio tirchio derubato del suo buon senso dal troppo amore per il denaro. Lavia – regista e attore con maggiore dimestichezza con i toni scuri e comunque lontani dalla commedia – riesce a ripetere quel "miracolo" teatrale compiuto cinque secoli fa da Molière e confeziona uno spettacolo curato in ogni particolare e assolutamente irresistibile.

La scena è l'interno – visto da una prospettiva sbieca però – di un edificio barocco, segnato da crepe e pitturato in grigio polveroso. Vi sono, poi, il relitto di una nave, il letto in posizione sopraelevata di Arpagone e objects trouvés di ogni genere. Tutto apparentemente ricoperto di polvere e forse inutilizzabile così come la lisa giacca nera del padrone di casa. Attorno a lui un'umanità vitale e, benchè in modi anche molto diversi, desiderosa di godere quanto l'esistenza le può riservare: i figli di Arpagone, Elisa (Manuela Maletta), qui un po' punk, e Cleante (Lorenzo Lavia), che compare quale un'originale sintesi fra una moderna rockstar e un dandy ottocentesco; ma anche la mezzana Frosina (Clotilde Sabatino) e l'astuto servo Saetta (Massimo Cavicchioli). Gli schieramenti in scena sono chiari e affatto equilibrati: da una parte lui, l'avaro, condannato dalla sua stessa avidità non soltanto al disamore e al disprezzo di quanti gli sono accanto, ma in primo luogo a un'angoscia che ne succhia lentamente i liquidi vitali; e dall'altra tutti gli altri, avidi unicamente di vita.

Un'opposizione che Lavia chiarisce in brevi scene di collegamento, prive di parole ma riempite di un eloquentissimo uso delle luci: le piccole lampade portate dai personaggi che, in processione, circondano Arpagone addormentato e tracciano i confini della prigione in cui egli stesso si è rinchiuso. Questo è uno dei momenti di più alta poesia in uno spettacolo che possiede però il ritmo perfetto e incalzante della commedia, senza lasciare respiro e avvolgendo lo spettatore in una invisibile rete di genuino divertimento. Lavia stesso sa mescolare l'angosciata malinconia del suo personaggio con la sua innegabile comicità e offre un'interpretazione senza pecche, curatissima e ognora variata, con la gestualità accentuata, i movimenti ora nevroticamente accellerati ora stanchi e rallentati, la voce ora suadente ora istericamente arrabbiata. Una performance accanto alla quale non stridono le prove fornite dagli altri interpreti, tutte di altissimo livello.


L'avaro
cast cast & credits
 
 

L'avaro di Molière, regia di Lavia




 
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