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Chiusura in bellezza

di Sara Mamone
  Paradise di Lemi Ponifasio
Data di pubblicazione su web 03/11/2003  
Paradise, lo spettacolo del samoano Lemi Ponifasio che chiude la Biennale Teatro di Venezia, è molto più compiuto delle prove aperte di The Love cloud allestite qualche giorno prima da Peter Sellars, direttore del festival, ma rappresenta con la stessa sincerità il desiderio di comunicazione, la convinzione morale del ruolo dell'artista come tramite culturale e quindi in questo momento, operatore di pace: tema che è alla base delle scelte effettuate quest’anno dall’artista americano.

Anzi, la scelta è ancora più rischiosa, mettendo in contatto il pubblico occidentale con la remotissima cultura del sud del Pacifico (diciamo maori per semplificare), l'inaridimento impaurito di un occidente che non si pone più domande con la religiosità primigenia di una cultura fatta di miti quotidianamente ricreati, di forze animali e vegetali che le danno forza e fantasia. Questa "missione di conoscenza" si realizza con uno spettacolo tripartito in cui la cornice, assai simile al prologo e all'esodo del teatro classico, mette gli spettatori (e la loro quotidianità) in contatto con le forze stordenti del mito che si scatenano e ricompongono nella parte centrale.


Paradise di Lemi Ponifasio


In questi incontri, di conoscenza il primo (powhiri, che vuol dire appunto condivisione di un'avventura verso l'ignoto, apertura dello spazio) e di reale scambio quello conclusivo (poroporoaki, spazio di saluto), il ruolo di Peter Sellars è essenziale e commovente, autentico folletto psicopompo che conduce le anime di un Occidente sazio e senza curiosità a misurarsi con la responsabilità della comprensione prima e del ringraziamento dopo.

Il cuore dello spettacolo invece, retto da un insieme magistrale di tecniche (danza, teatro, mimo musica, mescolati con sapiente e stordente capacità ipnotica), non mantiene l'incanto della sincerità. Appare piuttosto come l'abilissimo catalogo di una serie di competenze certamente legate alla cultura dei membri della troupe ma anche fortemente aggiornate alla luce di una cultura occidentale accorta e suggestivamente etnica. Ma non particolarmente comunicativa.

La lunga serie di quadri che si susseguono nella parte centrale dello spettacolo (si chiama, per chi proprio lo volesse tutau) ha la perentoria bellezza di un artigianato paziente e competente quasi da esportazione, più che la forza convincente della "rivelazione". Ma per essere veramente comunicativa l'operazione avrebbe richiesto forse una maggior cura, quanto meno nel provvedere ad una titolazione che rendesse comprensibili i significati dei "quadri". Altrimenti non rimane che abbandonarsi all'emozione intermittente. In questo senso l'arrivo dell'uomo geko all'inizio dello spettacolo e la sua salita al cielo sono gioielli difficili da dimenticare.



Paradise
cast cast & credits
 




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