Per molte ragioni la recitazione anglosassone è ancora una delle migliori. Se i motivi possono essere molti, le buone spiegazioni sono forse meno. The Soulpepper Theatre Company of Toronto incarna nella maniera migliore questa unica e antica specialità del teatro in lingua inglese.
Nel novembre del 2006, la compagnia ha messo in scena il rivoluzionario classico contemporaneo The Caretaker di Harold Pinter (prima londinese nel 1960, con Alan Bates-Mick; Peter Woodthorpe-Aston; Donald Pleasance-Davies).
The Caretaker (il custode) ha una trama basata su tre personaggi: Davies, un senza tetto, e due fratelli estremamente diversi luno dallaltro: Aston, che è lento tanto quanto Mick è furbo. Aston, non è solo tardo di mente ma è anche un “neat buttoned-up young man” (Alan Pryce-Jones, "The Observer", April 1960), cioè un giovanotto ordinatissimo e precisino, ma è pure un essere umano gentile che si porta in casa un vagabondo per nessun'altra ragione che comunicare con qualcuno solo quanto lui. Naturalmente fallirà nel suo intento.
Matthew Edison e Diego Matamoros in The Caretaker
(Toronto, novembre 2006)
La coabitazione tra i tre diventa presto una tragicommedia crudele, paradossale e metaforica recitata ed esperita anche attraverso silenzi e rumori, giocata attraverso luso di oggetti come, ad esempio, unaspirapolvere che diviene uno strumento di persecuzione e di terrore quando impugnata da Mick contro Davies (il vagabondo): unintuizione innovativa tratteggiata coi colori di un gioco servo/padrone (e dobbiamo ricordarci che tre anni più tardi Pinter fu autore della sceneggiatura di The Servant di Joseph Losey, GB 1963).
Tra i molti articoli scritti negli anni Sessanta, uno pone laccento su un elemento importante della pièce di Pinter: “No one can claim to know the best things in the English theatre who has not heard Mr. Woodthorpe (Aston) deliver this speech” (Harold Hobson, "The Sunday Times", June 5, 1960). (“Chi non ha ascoltato mr. Woodthorpe pronunciare il suo discorso non può pretendere di conoscere le cose migliori del teatro inglese”)
Il monologo di Aston conclude il secondo atto. E un vero carrefour drammaturgico cui è stata data appropriata sbalzatura dalla intensa, virtuosistica, e anche crepuscolare, interpretazione del giovane Damien Atkins, a decenni di distanza dalla performance di Woodthorpe.
Pinter fornisce unaria per il “grande attore” rivisitando così la tradizione dei monologhi tradizionali. Le battute di Aston che chiudono il secondo atto non sono solo un moderno morceau de bravoure, ma sono anche un elemento drammaturgico chiave e rivelatore che scombina una situazione ma non conduce verso una risoluzione concreta.
Questedizione di Toronto è andata in scena al Baillie theatre, una delle quattro sale dello Young Centre for the Performing Arts (un magnifico complesso teatrale interamente costruito e sostenuto da una fondazione privata e posto al centro del caratteristico ex-Distillery District). Si tratta di un teatro a pianta quadrata con il palcoscenico collocato al centro delludienza, cosicché Damien Atkins ha pronunciato il suo monologo rivolgendosi ai quattro angoli del palco corrispondenti ai quattro settori del pubblico.
Atkins ha recitato come una sorta di triste, pignolo e disperatamente contemporaneo araldo che grida tutto il suo dolore al mondo: la lobotomia cui fu sottoposto nella sua adolescenza e che altera la sua percezione della realtà.
Linterpretazione di Atkins ha mostrato un eccellente, e aggiungerei non comune, equilibrio di talento e mestiere.
Diego Matamoros, eccellente attore, membro fondatore e artista residente della compagnia, ha interpretato il vagabondo. Il suo Davies è stato cattivo e miserabile, simpatico e odioso, pietoso e aggressivo. Ma il suo agire, tuttavia, con la complicità della regia, altrimenti brillante, di Albert Schultz, ha spostato troppo la pièce verso uno stile comico francamente ingiustificato.
Matthew Edison, Mick il ‘brillante fratello di Astons, aveva il giusto phisique du rôle e una meravigliosa dizione inglese, come, daltro canto, tutti gli altri componenti del cast. Infatti, dobbiamo dire, tutti hanno recitato con uno splendido “British accent” modulato su tre diversi livelli: quello di un vagabondo, quello di un ragazzo ordinatissimo e lobotomizzato, quello di un Teddyboy violento e apparentemente arguto.
La scenografia (disegnata per un palcoscenico e una commedia non facili) era di Lorenzo Savoini, le luci di Steven Hawkins, i costumi di Camellia Koo.
Calorosa accoglienza del pubblico.
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Lettera da Toronto The Caretaker
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Damien Atkins (Aston)
The Soulpepper
Theatre Company
Toronto (ON)
Canada
www.soulpepper.ca
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