Video, ergo sum
di Laura Bevione
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Data di pubblicazione su web 25/06/2003 |
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Il Teatrino Clandestino, insieme a Fanny e Alexander e ai Motus, appartiene alla fumosa categoria del giovane teatro d'innovazione e gode di notorietà non solo nazionale. Inoltre la compagnia concorre a fare dell'Emilia Romagna un luogo privilegiato di sperimentazione e di rottura della drammaturgia tradizionale. L'Iliade, proposta ora in una lunga tournée estiva, è una produzione internazionale, paradigmatica allo stesso tempo del linguaggio proprio del Teatrino e dell'attenzione che il gruppo è riuscito a conquistare allestero.
Iliade
Pietro Babina, autore e regista dello spettacolo, enuclea alcuni significativi episodi del guerresco poema omerico e alcuni dei suoi protagonisti – gli eroi greci e troiani, ma anche il fragile Patroclo e Priamo, il vecchio e afflitto re della città assediata. Personaggi che, tuttavia, non compaiono mai sul palcoscenico in carne e ossa, bensì in video in bianco e nero, ripresi in primi piani da cinema muto.
Laspetto che più contraddistingue la messa in scena di Babina è infatti il ruolo ancillare assegnato a quella che dovrebbe essere l'entità qualificante un lavoro artistico come "teatro", vale a dire il corpo dell'attore. Certo, sul palco appaiono a un certo punto sei interpreti – a sintetizzare in sé i due eserciti in guerra – ma l'anima della messa in scena è un'altra, ovvero un'abilissima orchestrazione di modernissimi strumenti tecnologici: i video, in primo luogo, e poi l'uso costante di voci fuori campo, modificate elettronicamente, la proiezione di versi sul fondo del palcoscenico e persino il ricorso a quelli che potremmo definire veri e propri "effetti speciali".
Un esempio, a dire la verità, di sicura e inventiva efficacia, benché estemporaneo: allinizio dello spettacolo il sipario bianco, calato, viene progressivamente squarciato da metaforici colpi di spada, accompagnati da un sibilio lancinante, al fine di scuotere lo spettatore. Allo stesso scopo, il buio assoluto della sala è improvvisamente sostituito dalla luce accecante e poi immediatamente dopo di nuovo dall'oscurità. Un espediente quest'ultimo non inusuale negli spettacoli delle giovani avanguardie, così come il ricorso a leggeri sipari bianchi semi-trasparenti, membrane che separano il palcoscenico dal pubblico come due mondi fra i quali si ritiene, forse, non ci possa essere reale comunicazione.
Ed è questo il maggiore limite di Iliade (ma anche dei linguaggi propri a compagnie "sorelle" come Fanny e Alexander), aldilà della scelta drammaturgica di subordinare l'attore alla tecnologia – che possiamo non condividere e che, nondimeno, è condotta con coerenza e ammirevole professionalità. Rinunciare al dialogo con la platea, inizialmente scossa e subito abbandonata a se stessa, sostituendolo con una compiaciuta e a tratti intellettualistica autoreferenzialità che non può che condannare questi artisti alla inconsapevole prigonia in una torre d'avorio apparentemente priva di crepe.
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