Lamour des trois oranges, opera in un prologo e quattro atti di Srgiei Prokofiev, su libretto del compositore, tratto da Lamore delle tre melarance di Carlo Gozzi è in scena allopera Bastille di Parigi dove sta riscuotendo il meritato successo. Scritta nel 1921 (lanno stesso delluscita dei non meno rivoluzionari Sei personaggi pirandelliani) Lamore delle tre melarance prende direttamnente spunto dalla favola infantile che il veneziano aveva scritto centoquarantanni prima per mettere alla berlina i rivali Carlo Goldoni e, anche un po, labate Chiari, autori di grande successo ma soprattutto il primo pericolosamente negatore del gran teatro della Commedia dellArte a vantaggio di ciò che poi avrebbe dominato lo spettacolo dei secoli successivi e cioè quella commedia di carattere che, irridendo le astruserie della commedia dellarte e di fatto sancendone la morte, aveva posto in primo piano sentimenti e vicende sociali dando il là alla nascita del teatro borghese. La favola infantile di Gozzi era dunque una presa di posizione reazionaria, che reagiva alla riforma goldoniana: non un passo in avanti dunque ma una dichiarazione di fiducia nei confronti del libero esercizio della fantasia, uno schiaffo al verisimile e anche, perché no, alla saggia e misurata morale del grande rivale.
Il potere veramente contestatore di questopera, per quanto reazionaria, non sfuggirà, a vicenda del teatro borghese praticamente conclusa, ai veri grandi rivoluzionari del ventesimo secolo, ed in particolare a Mejerchold che nella Russia degli anni dieci aveva fondato una rivista teatrale che riprendeva nel titolo proprio lopera gozziana e aveva anche proposto al già grande e certo non meno ambizioso conterraneo la messa in opera. Fin dagli esordi legato alla convinzione che il suo genio dovesse sempre misurarsi con loriginalità, Prokofiev si era accinto allopera. Nel 1921 dopo che le vicende della guerra avevano rotto il sodalizio, data anche la tempestiva fuga del compositore dalla madrepatria, il progetto delle Tre melarance prese forma e musica e, dopo un successo misurato allopera di Chicago e un fiasco senza ombre a New York, segnò lingresso del suo autore nel circuito vitale della musica moderna.
Charles Workman (le Prince) Aleksandra Zamojska (Ninette) Barry Banks (Trouffaldino) © Eric Mahoudeau / Opéra national de Paris
Nellaccuratissima e fantasiosa, ma anche colta, edizione curata da Gilbert Deflo, il regista, memore della prorpia esperienza accanto a Giorgio Strehler, ha rispettato il ritmo di questopera cinematografica, energica, veloce, in cui le arie sono sparite per non interrompere il flusso del continuum e al loro posto, danze, cortei, marce, sostengono il ritmo indiavolato. Ma ha anche voluto riportare alla luce il decisivo contributo del grande teatrante Mejerchold, assai meno previdente e biograficamente fortunato di Prokofiev (finì in un gulag prelevato allalba dalla propria casa), ma decisivo nella nascita del teatro moderno: quello che ha messo in scena è un esempio felice del proclamato “teatro totale” del grande regista russo, con il suo amore per il circo, per la libertà despressione, la sua ambizione a formare interpreti “sani, leggeri, abili, energici, capaci di fare insieme il lavoro del circo, quello del teatro, della tragedia, della commedia, del dramma, indifferentemente”. Ed è quello che fa la straordinaria compagnia della Bastille, diretta (la sera della prova di cui qui riferiamo) da Alexander Lazarev.
I cantanti-attori sono veramente lincarnazione del sogno mejercholdiano, capaci di fare di tutto, belle educate voci (tutti con un pedigrée solidissimo anche nellopera seria di tradizione), dizione fluida, espressività e agilità di movimento; nuotano a proprio agio, con commozione e distacco insieme, nel fluido della storia: la storia lieve e infantile del principe ipocondriaco che larte non riese a guarire e che costretto a cercare per luniverso lamore che lo guarirà incontrerà infine la passione vivificatrice rubando una delle tre arance del giardino incantato e salvando poi dalla morte per sete la sua amata Ninette, aiutato nellimpresa dal vero protagonista scenico: Truffaldino.
Charles Workman, dalla voce espressiva, dallampio gesto e dalla figura che ne fa un perfetto erede del Pierrot di Debureau, riceve cure particolari dal regista che affida a lui e ad Alessandra Zamojska i momenti più alti dellemozione: mirabile e veramente strehleriano il momento in cui il telo azzurro che ha finto lo specchio dacqua apparso allimprovviso e che ha permesso al principe di dissetare Ninette (e quindi di salvarla) si trasforma nellazzurro di un cielo che sovrasta gli amanti e scende a proteggere la loro notte damore. Barry Banks, anche lui erede diretto dellArlecchino strehleriano non sarebbe spiaciuto a Mejerchold. Né gli sarebbero spiaciuti gli altri interpreti, a cominciare dalla coppia vilaine costituita dalla perfida principessa Clarice e dal suo innamorato Leandro, nei loro abiti fumettistici, nellimpeccabile ironica personificazione di Patricia Fernandez e Guillaume Antoine, degradazione tipologica, anzi vero e proprio capovolgimento, degli esausti primi ruoli della Commedia dellArte. Il pubblico, quasi per mimesi, ha dimostrato gioia ed energie inconsuete nel sancire con un lunghissimo applauso lesito della creazione. Cè da augurarsi che lo spettacolo resti in repertorio.
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