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L'amore delle tre melarance

di Sara Mamone
   Letitia Singleton (Linette) Charles Workman (le Prince) Natacha Constantin (Nicolette)  © Eric Mahoudeau / Opéra national de Paris
Data di pubblicazione su web 08/12/2006  

L’amour des trois oranges, opera in un prologo e quattro atti di Srgiei Prokofiev, su libretto del compositore, tratto da L’amore delle tre melarance di Carlo Gozzi è in scena all’opera Bastille di Parigi dove sta riscuotendo il meritato successo. Scritta nel 1921 (l’anno stesso dell’uscita dei non meno rivoluzionari Sei personaggi pirandelliani) L’amore delle tre melarance prende direttamnente spunto dalla favola infantile che il veneziano aveva scritto centoquarant’anni prima per mettere alla berlina i rivali Carlo Goldoni e, anche un po’, l’abate Chiari, autori di grande successo ma soprattutto il primo pericolosamente negatore del gran teatro della Commedia dell’Arte a vantaggio di ciò che poi avrebbe dominato lo spettacolo dei secoli successivi e cioè quella commedia di carattere che, irridendo le astruserie della commedia dell’arte e di fatto sancendone la morte, aveva posto in primo piano sentimenti e vicende sociali dando il là alla nascita del teatro borghese. La favola infantile di Gozzi era dunque una presa di posizione reazionaria, che reagiva alla riforma goldoniana: non un passo in avanti dunque ma una dichiarazione di fiducia nei confronti del libero esercizio della fantasia, uno schiaffo al verisimile e anche, perché no, alla saggia e misurata morale del grande rivale.

Il potere veramente contestatore di quest’opera, per quanto reazionaria, non sfuggirà, a vicenda del teatro borghese praticamente conclusa, ai veri grandi rivoluzionari del ventesimo secolo, ed in particolare a Mejerchold che nella Russia degli anni dieci aveva fondato una rivista teatrale che riprendeva nel titolo proprio l’opera gozziana e aveva anche proposto al già grande e certo non meno ambizioso conterraneo la messa in opera. Fin dagli esordi legato alla convinzione che il suo genio dovesse sempre misurarsi con l’originalità, Prokofiev si era accinto all’opera. Nel 1921 dopo che le vicende della guerra avevano rotto il sodalizio, data anche la tempestiva fuga del compositore dalla madrepatria, il progetto delle Tre melarance prese forma e musica e, dopo un successo misurato all’opera di Chicago e un fiasco senza ombre a New York, segnò l’ingresso del suo autore nel circuito vitale della musica moderna. 

Charles Workman (le Prince) Aleksandra Zamojska (Ninette) Barry Banks (Trouffaldino) ERIC MAHOUDEAU / OPERA NATIONAL DE PARIS
Charles Workman (le Prince) Aleksandra Zamojska (Ninette) Barry Banks (Trouffaldino) © Eric Mahoudeau / Opéra national de Paris 
 

Nell’accuratissima e fantasiosa, ma anche colta, edizione curata da Gilbert Deflo, il regista, memore della prorpia esperienza accanto a Giorgio Strehler, ha rispettato il ritmo di quest’opera cinematografica, energica, veloce, in cui le arie sono sparite per non interrompere il flusso del continuum e al loro posto, danze, cortei, marce, sostengono il ritmo indiavolato. Ma ha anche voluto riportare alla luce il decisivo contributo del grande teatrante Mejerchold, assai meno previdente e biograficamente fortunato di Prokofiev (finì in un gulag prelevato all’alba dalla propria casa), ma decisivo nella nascita del teatro moderno: quello che ha messo in scena è un esempio felice del proclamato “teatro totale” del grande regista russo, con il suo amore per il circo, per la libertà d’espressione, la sua ambizione a formare interpreti “sani, leggeri, abili, energici, capaci di fare insieme il lavoro del circo, quello del teatro, della tragedia, della commedia, del dramma, indifferentemente”. Ed è quello che fa la straordinaria compagnia della Bastille, diretta (la sera della prova di cui qui riferiamo) da Alexander Lazarev

 

I cantanti-attori sono veramente l’incarnazione del sogno mejercholdiano, capaci di fare di tutto, belle educate voci (tutti con un pedigrée solidissimo anche nell’opera seria di tradizione), dizione fluida, espressività e agilità di movimento; nuotano a proprio agio, con commozione e distacco insieme, nel fluido della storia: la storia lieve e infantile del principe ipocondriaco che l’arte non riese a guarire e che costretto a cercare per l’universo l’amore che lo guarirà incontrerà infine la passione vivificatrice rubando una delle tre arance del giardino incantato e salvando poi dalla morte per sete la sua amata Ninette, aiutato nell’impresa dal vero protagonista scenico: Truffaldino. 

Charles Workman, dalla voce espressiva, dall’ampio gesto e dalla figura che ne fa un perfetto erede del Pierrot di Debureau, riceve cure particolari dal regista che affida a lui e ad Alessandra Zamojska i momenti più alti dell’emozione: mirabile e veramente strehleriano il momento in cui il telo azzurro che ha finto lo specchio d’acqua apparso all’improvviso e che ha permesso al principe di dissetare Ninette (e quindi di salvarla) si trasforma nell’azzurro di un cielo che sovrasta gli amanti e scende a proteggere la loro notte d’amore. Barry Banks, anche lui erede diretto dell’Arlecchino strehleriano non sarebbe spiaciuto a Mejerchold. Né gli sarebbero spiaciuti gli altri interpreti, a cominciare dalla coppia vilaine costituita dalla perfida principessa Clarice e dal suo innamorato Leandro, nei loro abiti fumettistici, nell’impeccabile ironica personificazione di Patricia Fernandez e Guillaume Antoine, degradazione tipologica, anzi vero e proprio capovolgimento, degli esausti primi ruoli della Commedia dell’Arte. Il pubblico, quasi per mimesi, ha dimostrato gioia ed energie inconsuete nel sancire con un lunghissimo applauso l’esito della creazione. C’è da augurarsi che lo spettacolo resti in repertorio.










Lettere da Parigi L'amour des trois oranges



cast cast & credits
 
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Aleksandra Zamojska (Ninette) ERIC MAHOUDEAU / OPERA NATIONAL DE PARIS
Aleksandra Zamojska (Ninette) © Eric Mahoudeau / Opéra national de Paris



 
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