Fra le numerose rappresentazioni proposte dal Festival Paris Beckett, organizzato in occasione del centenario della nascita dello scrittore, spicca una proposta di Peter Brook, che, anziché scegliere di mettere in scena uno dei capolavori dell'artista, si è concentrato su quattro brevi testi, che ha denominato Frangments. Si tratta di Berceuse, Fragment de théβtre I, Esquisse radiophonique e Immobile, ad interpretarli sono tre attori straordinari: il nostro Marcello Magni, Jos Houben (fiammingo) e Geneviève Mnich.
La prima scena parla del nascere di un'interessata amicizia fra uno zoppo e un cieco: l'attenzione si concentra unicamente sugli attori i quali hanno a lungo studiato i casi di malati per poi poterne mimare le attitudini. Il duo è stato guidato dalla coregista Lilo Baur (già Gertrude nella recente Tragédie d'Hamlet), con il quale costituisce il Complicite Theatre di Londra. Dopo averli visti in tournée a Parigi, Brook ha deciso di coinvolgerli per lo spettacolo. La luce a giorno, l'assenza di scenografia e la quotidianità dei costumi creano un'atmosfera distesa e leggera, la sacralità del Teatro è lontana, ma viene ricordata dai sublimi giochi di luce che divengono protagonisti assoluti degli intermezzi. Philippe Vialatte illumina ora il fondo del palcoscenico il cui rosso sangue è stato ripreso come ai tempi del Mahabharata ora le colonnine della cupola, ora le vetrate. Leffetto che si produce è tale che riesce difficile credere che si tratti sempre dello stesso teatro.
Ma riecco i due attori in scena con Fragment de Théatre 1, un esilarante alternarsi della stessa identica scena interpretata in modi diversi. Inizierà Jos Houben, che rappresenta il risveglio di un barbone che cerca di compiere le normali azioni del mattino mangiare, vestirsi, lavarsi senza mai riuscirci, sprofondando in una tristezza sempre più profonda. Le stesse azioni caratterizzeranno i primi istanti della giornata del personaggio di Magni, che però le affronta con una gioia assoluta, malgrado la loro durezza. I dispositivi scenici sono caratterizzati dalla stessa semplicità che caratterizzerà anche il tragicomico monologo di Geneviève Mnich: una vecchia signora incollata ad una sedia davanti alla finestra e incapace di mutare la sua situazione. Il testo di Beckett è costituito da un breve segmento che viene ripetuto ininterrottamente: l'attrice dice le stesse parole ogni volta con una diversa espressione, con un diverso ritmo e quindi con un senso che pare sempre nuovo e positivo, anche se incapace di mutare la condizione del personaggio.
Lo spettacolo di Brook era atteso da molti e da molto; la somiglianza della biografia dei due artisti che si sono lasciati alle spalle la Manica, per scegliere di far teatro in francese li vide spesso vicini nella realtà e il regista ama ricordare alcuni intraducibili giochi di parole scambiati con Beckett, secondo il noto sens of humor anglosassone. L'estrema precisione della sua rappresentazione ha ottenuto gli allori della critica inglese, che attende gli stessi attori che reciteranno in inglese nella prossima stagione teatrale londinese. È vero che la rappresentazione risulta assolutamente inattaccabile, manca forse quel di più di cui Brook è stato più volte capace, quelle emozioni che vibrano e che restano, quelle frasi che continuano a risuonare.
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