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Rose della drammaturgia

di Laura Bevione
  Annibale Ruccello
Data di pubblicazione su web 23/03/2003  
Un monolocale con le pareti rosa confetto, sovraccarico di ninnoli di vario genere. espressione di un gusto kitsch ostentato con naturalezza, pile di "Cronaca vera" e un'ampia finestra da cui si indovinano le luci del nuovo quartiere di Napoli in cui vive la protagonista. In questo spazio coloratissimo ma soffocante si dipana monotona una giornata – dall'ora di pranzo fino a sera – nella vita del travestito Jennifer. Un'esistenza fatta di pasti comprati in rosticceria, di ore passate davanti allo specchio per conquistare una perfetta femminilità, e di attesa davanti a un telefono che, tuttavia, suona sempre per sbaglio a causa di un cattivo funzionamento delle linee telefoniche. Il sottofondo, invece, è fornito dalla radio che alterna canzoni di Patti Pravo e di Mina – idoli di Jennifer – a inquietanti aggiornamenti sulle ultime gesta di un maniaco che ha scelto come sue vittime proprio i travestiti.

Il dramma, scritto e portato in scena dal compianto Annibale Ruccello nel 1980, è costruito su un'azione minima e deriva la sua efficacia dall'abile descrizione e variazione degli stati d'animo di Jennifer. La protagonista alterna eccessiva allegria e orgogliosa aggressività alla malinconia e alla disperazione: mima spensierata Patti Pravo ma grida dal dolore quando - ormai si è fatto buio – capisce che anche quel giorno l'amato Franco non verrà a trovarla. L'atteggiamento scanzonato e "leggero" devia a tratti in umori scuri e gesti di violenza trattenuta: sono attimi, che tuttavia macchiano l'andamento quasi cabarettistico della pièce e ne fanno sospettare un sostrato da tragedia contemporanea. Sensazione acuita dopo l'ingresso in scena di un altro travestito, la vicina Anna, ambigua ed esaltata. Le due si dilungano nei tipici discorsi "da donne" – e qui la capacità di mimesi del linguaggio comune dimostrata da Ruccello è paragonabile a quella di Pinter – ma la tensione percorre tutto il loro dialogo, salvo esplodere quando Anna ritornerà una seconda volta nell'appartamento di Jennifer e, indirettamente, aprirà la strada al finale tragico. La scelta ultima della protagonista – che non riveleremo – anziché sciogliere sospetti e ambiguità del dramma, li lascia irrisolti, quasi un monito allo spettatore che, sempre, aspira all'onniscienza.

Geppy Gleijeses, regista e infaticabile interprete di Jennifer, aderisce appieno alla poetica di Ruccello e sa intromettere, come fosse una sottile e insinuante melodia, una nota tragica, che man mano diviene sempre più sonora, in quella che appare una vivace commedia sulla "pittoresca" realtà dei travestiti. Ottimamente coadiuvato da Gennaro Cannavacciuolo (Anna), Gleijeses dirige uno spettacolo che, fra l'altro, ha anche il merito di riproporre un autore che attivamente partecipò al rinnovamento del teatro napoletano, rimasto disorientato dopo la morte di Eduardo.


Le cinque rose di Jennifer
cast cast & credits
 



il regista e attore
Geppy Gleijeses
 
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