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Grande sorella

di Roberto Fedi
  The Truman Show (1998)
Data di pubblicazione su web 07/09/2006  
Ammettiamo che qualcuno o qualcuna di voi (non ve lo auguriamo) sia stato rapito e trattenuto per otto anni in isolamento in una specie di prigione senza finestre, con solo una radio e una Tv nella stanza. Ammettiamo che dopo otto anni, ormai quasi adulti o adulte e comunque ragazze, siate riusciti o riuscite a fuggire. Che fareste?

Difficile a dirsi, naturalmente. Se fosse capitato a noi, avremmo una vasta gamma di possibilità: dalla vendetta alla terapia, dalla fuga in un altro stato al cambio di nome, dall’andare al cinema (dopo tanta radio e televisione…) alla discoteca, dal farsi un fidanzato o fidanzata (o più d’una) a cenare tutte le sere fuori, o vattelappesca.

Di una cosa siamo assolutamente sicuri: non andremmo mai in televisione a raccontare, in esclusiva per il pubblico, quello che abbiamo subito, superato, sofferto. È invece quello che ha fatto la povera Natascha Kampusch, l’altra sera alla televisione pubblica austriaca. Abbiamo visto la trasmissione un po’ su Internet. Beh: era una via di mezzo, difficilmente distinguibile, tra la pena e la meraviglia.

Molti si sono stupiti. Bella, ben pasciuta, in forma, elegante, sicura di sé, ben parlante. Da pensare (scherziamo…) che la reclusione le avesse fatto bene. Da consigliare a chissà quante ragazzine. La poveretta parlava della sua esperienza come voi e io parleremmo della gita scolastica in cui capitò che uno rimase chiuso nel bagno dell’autogrill. Da restare a bocca aperta.

Ora, al di là delle reazioni più o meno stupite (del tipo: ma chi la consiglia? ma non c’è – purtroppo c’è – un medico che la cura? ma che diavolo di gente ha accanto? ma perché non vuol vedere i genitori? e via con la psicanalisi e la sindrome di Stoccolma), a noi, stante la nostra attività che non è quella di entrare nella testa più o meno bacata della gente, spetta almeno una considerazione. Che è la seguente.

Abbiamo assistito in diretta a un Evento capitale nella storia della televisione. Il Grande Fratello (anzi: la Grande Sorella) non artefatto, non interpretato da poveri di spirito alla ricerca di una quindicina di minuti di fama e per questo disposti a tutto, non falso né spudoratamente buggeratore. No. La Natascha è vera. Racconta la sua vita. Non finge di essere stata reclusa nella Casa. C’è stata davvero, per otto anni: 2920 giorni, senza contare i bisestili. Non lo fa per prenderci per i fondelli. No.

Uscita dalla cantina, ha capito (crede di aver capito) che la realtà è quello che si vede sullo schermo. Intorno, giornalisti e manager, tutti contenti. È reale solo ciò che si racconta in Tv. La pubblica confessione, questa volta vera e non da insopportabile piagnisteo delle Isole degli affamati, è ciò che conta. È un Truman Show, ma veramente accaduto. E lei è un miracolo vivente, come quei giapponesi che (si racconta) soli sull’isola continuavano a combattere (a credere di combattere) anche nel 1960. Uscita dalla prigione senza finestre, è entrata in uno studio televisivo con una sola finestra, quella della telecamera accesa che dà sul mondo.

È già un progresso. Per la sua sanità mentale, per noi, ora ci tocca sperare una sola cosa, a questo punto. Che torni in cantina.





 
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