Muore Giacinto Facchetti, a 64 anni. Albertosi, Burnich, Facchetti, Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, Mazzola (o Rivera), Boninsegna, De Sisti, Riva. Cè venuta così, senza consultare alcun annuario. Per chi non lo sapesse, o fosse troppo giovane, era la formazione di Messico ‘70: stadio Azteca, Italia-Germania 4 a 3. Ci hanno fatto anche un film (brutto). La partita, bruttissima nei primi 90 minuti, divenne eccelsa nei supplementari. Noi ceravamo.
Davanti alla televisione, naturalmente. Di notte, per via del fuso orario: da allora, le partite di giorno non ci sono piaciute più. Sfidiamo chiunque a ricordarsi, dun soffio, la formazione (grande) che ha vinto il mondiale in Germania poco più dun mese fa. Invece, quella…
In televisione (bianco e nero), Facchetti era lunico che si vedeva, in campo. Perché era alto, ma anche perché faceva, pur alto comera, gesti misurati ed eleganti, sobri, quasi gentili. Naturalmente, da lì (fascia sinistra) non passava nessuno; anzi, quando prendeva la palla, spesso partiva con quelle falcate irraggiungibili lungo la linea, si beveva avversari attoniti e arrivava laggiù, dove (provare per credere) per chiunque è impossibile anche pensare di arrivare, con la palla al piede, dopo 70 metri di corsa. Un cross, un tiro. Non di rado gol: in carriera, ne fece quasi come un centravanti medio. Eppure era un terzino: parola oggi scomparsa dal lessico del calcio, così raffinato e così insulso.
Era elegante, possente ma non falloso, preciso e non protestava mai: come Riva, suo omologo in signorilità e potenza. Peccato che sia morto. Rilasciava interviste rare e di misurate parole, come presidente dellInter. Le poche volte che appariva in televisione riempiva lo schermo, come un attore ma senza la vanagloria degli attori. Era uno dei pochissimi a non essere mai stato coinvolto neanche per caso negli scandali recenti e passati del calcio. Era una persona non di questi tempi.
Al Tg5 di lunedì, ore 20, gli hanno giustamente dedicato lapertura. Dopo le frasi di circostanza, lo hanno fatto rievocare da Maurizio Mosca, Gad Lerner e Amadeus (!). Il primo sgangherato, il secondo come sempre irritante anche nei necrologi (è un record), il terzo inesistente. Possibile che non ci fosse nessuno più autorevole a portata di mano? Solo Riva, in unintervista volante, in due parole, ha detto cose sensate, parche, sussurrate.
A noi ha fatto venire in mente lAzteca, e la notte del 17 giugno 70. Ma ahimè, dove sono ora gli stadi dun tempo?
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Giacinto Facchetti
Giacinto Facchetti
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