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Il giullare senza artigli

di Giovanni Fornaro
  Dario Fo e Franca Rame
Data di pubblicazione su web 09/02/2004  
Lo scorso 31 gennaio ci siamo recati al Politeama Greco di Lecce (sold out!) per assistere a L'anomalo bicefalo – il nuovo spettacolo che Dario Fo e Franca Rame portano in giro per l'Italia – animati dalle migliori intenzioni e ben disposti d'animo per il grande drammaturgo, premio Nobel ecc. ecc.: ne siamo usciti, dopo un paio d'ore, non vorrei dire delusi ma, il che forse è peggio, annoiati. In scena, davanti al bel fondale dipinto da Fo con una sorta di "citta ideale" abitata però da attori, saltimbanchi, maschere di carnevale, dopo un bell'incipit, programmaticamente tratto da Lisistrata di Aristofane e letto da Franca, viene presentato il plot narrativo: un doppio attacco terroristico a Putin e Berlusconi porta conseguenze irrimediabili per il primo ma non per il secondo, al quale è però necessario integrare chirurgicamente una parte di cervello. Sarà proprio Putin il malcapitato donatario, per cui il Berlusca si salva ma rimane un po' "toccato": non ricorda molti particolari del rapporto con la moglie Veronica (la stessa Rame), si meraviglia per le stesse sue attività precedenti, ogni tanto parla in russo e così via.

Questa macchina narrativa non è altro che lo script di un film per il quale il regista (sempre Fo) sta operando il reclutamento degli attori, raccontato da questi alla candidata Franca Rame, con tutto il noto armamentario di risate, nanetti impenitenti, lazzi vari che tutti ricordiamo. Ad una Veronica Lario dalla palpabile vis polemica, si contrappone quindi Fo, come sempre interprete di molti personaggi, in una serie di situazioni esilaranti il cui riso, però, ha quasi sempre un retrogusto amaro, la coscienza di una ineluttabilità del presente che annichilisce attori e pubblico.

Dunque: teatro, nel cinema, nel teatro. Una scatola cinese dalle molteplici sorprese? Piuttosto, una goffa matrioska che fatica a stare in piedi. Durante i "palleggiamenti" tra i vari esponenti politici per la scelta di un nuovo cervello donatore che possa rimettere al proprio posto le sconnessioni del premier, ci si rende improvvisamente conto che non importa come la pièce vada a finire, è chiaro che si tratta di un pretesto per attivare una serie di battute satiriche sul presidente del consiglio e sul suo entourage. A ben analizzare, il problema è proprio lì: lo spettacolo si riduce alla derisione delle continue gaffes che l'"Unto dal Signore" dispensa giornalmente, non graffia, non arriva al cuore dei problemi come Fo ci aveva abituati nel passato. A questa visione, d'altronde, non giungiamo per critico intellettualismo; questa era la comune opinione che circolava nel foyer del dopo-spettacolo.

La stessa vox populi dava anche la sua spiegazione di questa mancanza d'afflato: in una fase politica come questa non si può fare di più, la situazione è andata talmente oltre i vaticini delle più fosche cassandre da lasciare sgomenti anche coloro che della critica al potere in forma d'arte hanno fatto una ragione di vita, si può solo evidenziare e stigmatizzare perché lo scempio è sotto gli occhi di tutti. A noi, per la verità, non sembra credibile questa luce che tutto illuminerebbe e nulla riesce più a stanare. Ci sembra, anzi, che si tratti di una scusa – per la verità già registrata in altri spettacoli comico - satirici – per giustificare quella che appare come una carenza di idee realmente teatrali, forse una stanchezza intellettuale, oltre che fisica, che lascia approdare al facile doppio senso, alla battuta tutto sommato scontata. Così congegnato è, effettivamente, uno spettacolo che nulla aggiunge a ciò che i commentatori più arguti rilevano e denunciano ogni giorno sulla stampa. Non serve, in questa prospettiva, il taglio di work in progress che è stato dato al testo, per adattarlo alla realtà quotidianamente mutevole: a Lecce, ad esempio, i due attori hanno molto insistito sulla denuncia ricevuta da Marcello Dell'Utri per una sola frase, nemmeno offensiva, prevista nel copione originale, illustrandone l'intera vita politico-affaristica.

Se dovessimo scegliere un momento di antica verve, non una battuta riuscita ma una situazione di iconoclastica tensione drammaturgica, dovremmo cercarla in un battibecco non programmato fra i due coniugi, per una parola pronunciata da Franca e non concordata, "spuzzolentare", che ha dato la stura ad un accenno di protesta di Fo ed alla irritata risposta della moglie: dopo un attimo di esitazione il pubblico ha riso, finalmente, con terapeutica liberazione.


L'anomalo bicefalo
cast cast & credits
 
 
 
locandina






 
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