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Ballet à grand spectacle

di Gabriella Gori
  Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Data di pubblicazione su web 02/07/2006  

La Bayadère, sia nell'archetipo di Marius Petipa, messo in scena nel 1877 al Teatro Bolscioi di San Pietroburgo (da non confondere con l'omonimo teatro moscovita), sia nelle versioni filologiche di Natalia Makarova e Rudolf Nureyev, la prima realizzata per l'American Ballet Theater nel 1979 e la seconda per il Corpo di Ballo dell'Opéra di Parigi nel 1992, è una impareggiabile esempio di ''ballet à grand spectacle''.

Un genere in cui confluiscono tutti gli stilemi del balletto tardoromantico e famigerato banco di prova per formazioni che ambiscono ad essere paladine della tradizione accademica. Non ultimo il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano che ha rispolverato la celebre edizione firmata dalla Makarova e allestita per la prima volta in Italia al Piermarini nel 1992. All'epoca assieme all'organico scaligero danzarono Julio Bocca, nel ruolo di Solor, e Alessandra Ferri in quello di Nikiya. Successivamente nella ripresa del '94 i protagonisti furono Isabel Seabra e Massimiliano Guerra, in quella del '99 Sylvie Guillem e Roberto Bolle. 

Svetlana Zakharova, foto Marco Brescia
Svetlana Zakharova, foto Marco Brescia

 

A distanza di sette anni La Bayadère 'makaroviana' ritorna nel teatro meneghino e consente di rivivere a pieno le emozioni proprie del balletto classico vedendo all'opera Roberto Bolle, un fulgido Solor, e Svetlana Zakharova, una superba Nikiya, che sono stati sommersi dagli applausi. Applausi che hanno salutato anche Marta Romagna, la rivale in amore Gamzatti, Mick Zeni, il fachiro Magdaveya, Antonino Sutera, l'idolo d'oro, e l'intera compagnia in un crescendo di fragorosi battimani e squillanti ''bravi, bravissimi'' disseminati in platea, palchi e loggione.

In effetti è stato impossibile rimanere indifferenti a questo tripudio di consensi per un balletto che, nonostante il ''taglia e cuci'' di Natalia Makarova, che ha ridotto a tre i quattro atti dell'originale partitura coreografica di Petipa, mantiene intatto il fascino, anche se datato, di uno spettacolo di altissimo livello, arricchito dalle imponenti scenografie di Pierluigi Samaritani e dai ricchi costumi di Yolanda Sonnabend. Tutti aspetti non sottovalutati dalla famosa étoile del Balletto del Kirov che nel '70, emula del compatriota Nureyev, si rifugiò a Londra e iniziò a ballare con il Royal Ballet, l'American Ballet Theater, interpretando lavori di Tetley, Béjart, MacMillan, Petit, Robbins, ed eroine coreutiche, fra cui Nikiya.

A ben guardare La Bayadère si apprezza in toto solo se la si storicizza, ovvero la si legge come un radioso frutto di quel contesto tardoromantico e predecadente in cui nacque. Altrimenti, l'esile trama di un amore infelice e tragico, il soverchio fastoso décor esotico, il sovrapporsi di fabula e intreccio, la proiezione onirica, comune ad altri famosi balletti dell'Ottocento come La Sylphide di Taglioni e Giselle di Coralli-Perrot, possono ingenerare sazietà in smaliziati spettatori del terzo millennio, poco inclini ad abbandonarsi senza il sorriso sulle labbra a questo ''grand ballet''.  

Una pietra miliare del repertorio del XIX secolo a cominciare dalle imponenti scene corali con le incursioni pantomimiche del ballet d'action, e proseguire con le variazioni, le danze di carattere e demi-carattere, il grand pas classique e l'adamantino Atto delle Ombre, ''croce e delizia'' dei più navigati corpi di ballo. A cui va aggiunta la musica di Minkus composta per assecondare con enfasi, ma scarsa penetrazione psicologica, il menàge a trois della Bayadère ed essere funzionale alla riuscita dell'intera mise en danse.       

Il balletto prende spunto da Sakuntala, un poema indiano di Kalidasa, e appartiene al primo periodo russo di Petipa, quello che precede la splendida trilogia 'cajkovskijana' de La bella addormentata (1890), Il lago dei cigni (1895), Lo Schiaccianoci (1892).

L'ambientazione è quella di un'India fantastica, immaginaria, in linea con l'imperante esotismo ''fin de siècle'' che si ritrova in contemporanea nelle atmosfere egizie dell'Aida di Verdi e successivamente nelle cineserie di Turandot e nelle giapponeserie di Madama Butterfly di Puccini. L'Oriente misterioso fa da sfondo alla triste storia d'amore tra una giovane danzatrice del tempio, la baiadera Nikiya, e Solor, nobile guerriero al seguito del potente Rajah, che lo obbligherà a sposare sua figlia, la principessa Gamzatti. Questa, gelosa della baiadera, le chiede in un drammatico incontro di dimenticare Solor ma al diniego della rivale, Gamzatti, su suggerimento del padre, invia  a Nikiya un cestino di fiori con dentro un serpente velenoso. Il morso dell'animale sarà fatale e la ragazza morirà, dopo aver rifiutato di bere l'antidoto offertole dal Gran Bramino, perdutamente innamorato di lei.

Solor, accortosi troppo tardi di amare solo Nikiya e in preda ai fumi oppiacei, sogna di incontrala nel regno delle ombre e questa visione non lo abbandona neppure il giorno delle nozze, quando l'ira degli dei indiani vendica la morte della baiadera distruggendo il tempio e consentendo alle anime di Solor e Nikiya di ricongiungersi per l'eternità. 

Roberto Bolle e Marta Romagna, foto Marco Brescia
Roberto Bolle e Marta Romagna, foto Marco Brescia

 

Nelle messinscene che via via si sono succedute il catastrofico quarto atto è stato accantonato e La Bayadère, nonostante il Kirov abbia ancora in repertorio la versione integrale, viene tutt'ora identificata con il terzo atto, il ''Regno delle Ombre'', che riecheggia quello delle Silfidi ne La Silfide e delle Villi in Giselle con una sostanziale novità. Nei balletti di Taglioni e di Coralli-Perrot la proiezione onirica avviene grazie al sogno, naturale e tipicamente romantico, di Albrecht e James, in Bayadère invece questo 'viaggio' è volontariamente indotto dall'uso di sostanze oppiacee che Solor fuma, abbandonato su un canapè, in un atteggiamento simile a quello dei coevi ''poètes maudits'' francesi.

Natalia Makarova, dopo aver allestito l'Atto delle Ombre per l'American Ballet Theatre nel '74, sulla scia di quanto aveva fatto Nureyev nel '63 per il Royal Ballet, si è cimentata a distanza di sedici anni nel recupero della partitura originale 'petipatiana' con la distruzione del tempio e il ricongiungimento spirituale di Solor e Nikiya, ma li accorpa nell'atto terzo. E questa soluzione differenzia la sua Bayadère, rimontata in seguito per il Royal Ballet, il Royal Swedish Ballet, l'Hamburg Ballet e il Corpo di Ballo scaligero, da quella parigina di Nureyev che, al contrario, si ferma all'Atto delle Ombre e calca la mano sulla spettacolarità di un'India fiabesca, presente da sempre nell'immaginario collettivo. 

Nel balletto 'makaroviano' il primo atto rifulge per la grandiosità del Tempio. Qui brucia la Sacra Fiamma su cui si giurano eterno amore Solor e Nikiya, in uno struggente pas de deux, e a cui fa da contraltare la sontuosa scena del fidanzamento di Solor con Gamzatti, caratterizzata dal grand pas classique (entrées, adagio, variazioni, coda), e quella maestosa del terzo atto con la celebrazione delle nozze. Nel secondo colpisce la tenzone tra Gamzatti e Nikiya, una sequenza pantomimica di grande effetto tutta giocata sulla psicologia femminile, e il meraviglioso e lunare Atto delle Ombre. Un tributo alla più alta tradizione accademica per la limpida purezza della danza e l'indubbia difficoltà dell'esecuzione.

Il corpo di ballo femminile della Scala ha dato il meglio di sé nell'eseguire su una pedana inclinata l'insidiosa e proverbiale sequenza di arabesques penchés, cambrés, ports de bras. L'unico appunto è che non sempre traspariva la spiritualità tardoromantica, specie nel movimento delle braccia, ma brave sono apparse nelle rispettive variazioni Serena Sarnataro, Lara Montanaro e Giulia Rossitto. E anche Mick Zeni è stato un convincente fachiro e Antonino Sutera un perfetto idolo d'oro. 

Roberto Bolle e Marta Romagna, foto Marco Brescia
Roberto Bolle e Marta Romagna, foto Marco Brescia


Un discorso a parte merita Marta Romagna, danzatrice elegante e di indubbia levatura, che si è lasciata intimorire dal confronto  diretto con la fuoriclasse Svetlana Zakharova. Nella scena della gelosia non ha infatti espresso a pieno il ruolo passionale di Gamzatti, vera antagonista di Nikya, e nel grand pas classique del fidanzamento non ha saputo controllare fino in fondo la serie dei  fouettés.

Per Roberto Bolle, étoile scaligera, e Svetlana Zakharova, luminosa stella del Bolscioi, è arduo trovare le parole appropriate per descrivere la loro ineccepibile performance. Roberto ha ridato ennesima prova della sue indiscusse qualità di danseur noble con una tecnica smagliante nei tours en l'air e uno stupefacente ballon nei grandi e piccoli salti. Ma occorre anche sottolineare l'intensità della sua interpretazione e l'autorevole padronanza della scena.

Svetlana non è stata da meno. La Zakharova è un vero prodigio e così sicura di sé da essere quasi sfrontata nel mostrare doti quasi sovrumane. Splendida nei virtuosimi della dans d'école come l'equilibrio in arabesque tenuto fino all'estremo on pointe, e poi sostenuto nella discesa en demi point, negli stupefacenti ponchés, nelle allungatissime pose proiettate all'infinito, nell'impalpabile morbidezza della braccia, nella flessuosità di un corpo sottile come un giungo, eppure fortissimo, 'maneggiato' con cura dal Solor-Bolle e accarezzato dal velo bianco nell'emozionante pas de deux dell'Atto delle Ombre.

Alla fine, in un inaspettato coup de theatre, Natalia Makarova è apparsa a raccogliere le ovazioni degli spettatori e degli stessi interpreti che, in segno di grande rispetto e riconoscenza, le hanno tributato un omaggio floreale di variopinti bouquets.





La Bayadère
cast cast & credits
 

Teatro alla Scala


 

 


 

Svetlana Zakharova, foto Marco Brescia
Svetlana Zakharova, foto Marco Brescia

 

 

 

 


 

Antonino Sutera, foto Marco Brescia
Antonino Sutera, foto Marco Brescia


 

 
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