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Realismo

di Roberto fedi
  Totò e Aldo Fabrizi ne "I tartassati", Steno, 1959
Data di pubblicazione su web 11/04/2006  
C’è un programmino Tv di cui non abbiamo mai parlato, perché onestamente ci faceva un po’ senso. Se ne parliamo ora, come vedrete, c’è una ragione. Così tappiamoci il naso e andiamo avanti.

Il capolavoro si chiama RTV. La Tv della realtà, e va in onda su Italia Uno il giovedì in seconda serata. Qualcuno l’avrà visto. È fatto di spezzoni amatoriali, e tutto dedicato alle tragedie in diretta. In altre parole: uno si è trovato con una telecamera nel momento in cui un tale, poniamo, si è ribaltato con la macchina, e invece di aiutare è stato lì a riprendere il tutto: urla, sangue, feriti. Dopo l’ha mandato alla televisione, quasi sempre di una rete americana, e magari gliel’hanno anche pagato. Tutto qua. Il filmato viene commentato da una voce senza inflessioni, irritante a dir poco nel suo distacco, che presenta l’incidente come se fosse un Evento super dell’età moderna.

Invece, naturalmente, è solo un caso squallido, spesso in un luogo squallido, capitato a gente squallida. Qualche volta il protagonista, involontario o meno, viene intervistato post eventum: di solito in salottini squallidi. Dice cose squallide, imbambolato come un rintronato qualsiasi (di solito lo è). Dice che ha visto in faccia la morte ecc. ecc. Spesso naturalmente se l’è cercata: magari buttandosi non si sa perché (o meglio si sa: per vendere la faccenda a una rete Tv) da una gru altissima con un paracadute che non s’è aperto bene, e rimettendoci le gambe. Ben gli sta.

Qui si potrebbe aprire una discussione vecchia come il cucco (madonna com’è vecchio il cucco! si stupiva Achille Campanile) sul concetto di realismo: che dall’Ottocento in poi – mannaggia ai positivisti! – è sinonimo di disgrazie, morti, sangue, disperazione e miseria. Possibile, si chiedeva a un dipresso già Ferdinando Martini, centocinquant’anni fa, che realismo significhi solo letto, cataletto e letame? Mica aveva tutti i torti.

Insomma qui le cose vanno così. Aerei che cadono, poveracci che annegano, imbecilli che si buttano da un elicottero e quasi ci restano, auto che sbandano andando a duecento all’ora. Sai che divertimento. Personalmente non ci divertiamo neanche a Paperissima, con i filmatini di genitori sadici e degeneri che, invece di aiutare il figlioletto che sta cadendo dal seggiolone, lo filmano per vendere la bella scenetta alla Tv.

E allora perché ne parlate? Ci chiederà il solito lettore. Per questo.

Perché ieri, 7 aprile 2006, ad Asti (riprendiamo la notizia da La Stampa del giorno dopo) da un balcone è caduta accidentalmente una signora. Sotto c’era un’inferriata, su cui si è infilzata, morendone. Decine, centinaia di persone hanno immortalato la scena con la fotocamera del proprio cellulare. Una vicina di casa (sempre dalla stessa fonte) è corsa a prendere la telecamera-cellulare e ha filmato tutta l’agonia. La polizia ha dovuto sequestrare una quantità enorme di foto e filmati.

Qualche volta ci si chiede se la televisione sia la causa di queste nefandezze, di questa demente visione del mondo (si penserebbe che il primo impulso dovrebbe essere quello di correre in soccorso, non di filmare). Non si sa, né lo sappiamo noi.

Probabilmente, ne è solo lo specchio.





 
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