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Il flauto vivente

di Paolo Patrizi
  Matthias Hölle (Sarastro) e Daniela Bruera (Pamina), foto R. Ricci
Data di pubblicazione su web 03/03/2006  

Tra animali feroci e uccelli di ogni tipo, lingue di fuoco e distese d'acqua, quello del Flauto magico è un testo ai limiti dell'irrappresentabile. Ma se la ricerca antinaturalistica e l'astrazione figurativa sono per quest'opera un dato acquisito, oggi è forse più affascinante tentare un percorso di segno uguale e contrario: mantenere ogni presenza ed elemento scenografico previsti dal libretto, reinventandone la forma attraverso la corporeità.

È quanto accade in questo fortunato allestimento nato al Regio di Parma una decina di anni fa, poi riproposto in altri palcoscenici e ora tornato a casa, ovvero sulle tavole del teatro parmigiano. Rinunciando a qualunque barlume di scenografia (ma i costumi di Romeo Gigli sono bellissimi e le luci hanno tale ricchezza da svolgere un'ideale funzione di arredamento), lo spettacolo lascia agire sul nudo palcoscenico solo figure umane: in tutta la loro plasticità, in tutte le loro possibili combinazioni. E s'intenda ''combinazione'' proprio nel significato chimico del termine: i corpi dei sette danzatori del Pilobolus Dance Theatre, unendosi e intrecciandosi, danno vita ad altre fisicità, ogni volta nuove e ogni volta diverse. Delle vere e proprie ''scene viventi'', insomma, dove un intrico di teste, gambe e braccia danno vita ai due archi ogivali del palazzo di Sarastro; e in cui un nodo avviluppato di schiene e di glutei si trasforma, miracolosamente, nelle varie creature silvestri che popolano la vicenda.

Giuseppe Filianoti (Tamino) e Pilobolus Dance Theatre, foto Roberto Ricci
Giuseppe Filianoti (Tamino) e Pilobolus Dance Theatre, foto Roberto Ricci

 

Il tutto, si badi, senza che la coreografia debba surrogare un pensiero registico: qui siamo lontani dall'incontro (caso frequente, negli ultimi tempi) tra un artista di grido prestato alla scenografia e un regista famoso costretto in una cornice che gli è estranea. Stephen Medcalf opera in perfetta unità d'intenti con i Pilobolus, dando vita a un Flauto di grande scioltezza narrativa, più intenerito che comico e senza preoccupazioni verso sottotesti filosofici. Anche gli unici sei oggetti presenti in scena sono metafore leggibilissime, e non per questo didascaliche: da un lato – simboli di comando – il flauto di Tamino, il pugnale della Regina della Notte e un bastone; dall'altro – simboli di seduzione – il glockenspiel di Papageno, la cornice del ritratto di Pamina e una mela: unico cibo per l'iniziando Papageno, ma anche primo elemento di corruzione nella storia dell'umanità.

È una disdetta che a uno spettacolo di tale bellezza debba corrispondere un'esecuzione musicale modesta, ma tant'è. Violinista passato al podio, Jean-Christophe Spinosi imprime all'opera un passo piuttosto flemmatico, almeno all'apparenza. Più che in assoluto, i tempi sono lenti in rapporto alle sonorità adottate: una Zauberflöte di timbrica schiarita e tenuità di pesi sonori, qual è la sua, dovrebbe trovare il suo logico corollario in un'agogica più nervosa. Altrimenti si rischia d'innestare – e qui accade – allargamenti alla Klemperer su una tavolozza da barocchista.

 

Risultati discontinui anche sul fronte vocale. Perché, ad esempio, Giuseppe Filianoti mortifica il suo bellissimo timbro, autenticamente latino, schiacciando e sbiancando i suoni come un tenorino tedesco? Se di preoccupazione stilistica si tratta, è degna di altra causa: Tamino (così come lo delinea la tessitura, centralizzante e quasi baritenorile) è personaggio più ''eroico'' che ''di grazia''. Una vocalità mediterranea – aristocratica nel legato, ma vibrante nell'accento – sarebbe tutt'altro che fuori stile.

 

Stephan Genz è un Papageno simpatico (ma quale Papageno non lo è?), purtroppo di poca – troppo poca – voce. Alla Regina della Notte di Cornelia Götz spettano tutte le attenuanti della cantante piombata a sostituire la collega titolare: resta però il sospetto che fiati corti e modestia timbrica siano dei naturalia fisici che prescindono dalla situazione d'emergenza. Daniela Bruera, non potendo contare sulla levigatezza canora che di solito caratterizza Pamina, tende a far risaltare l'energia sottopelle del personaggio, la sua trasformazione da principessa delle favole a donna consapevole. Ci riesce ma a metà, perché arrivata alla grande aria in Sol minore – il vero biglietto da visita di questo ruolo – la mancanza di autentica purezza di emissione e di legato penalizzano la resa complessiva.

Giuseppe Filianoti (Tamino), Tölzer Knabenchor, foto R. Ricci
Giuseppe Filianoti (Tamino), Tölzer Knabenchor, foto R. Ricci

 

Gli altri si fanno onore: Steven Cole plasma un Monostatos efficace, sebbene all'interno di una raffigurazione puramente caricaturale; Siphiwe McKenzie è una Papagena cristallina e ruspante quanto basta; le tre dame (Sabina von Walther, Ursula von den Steinen e Annette Jahns) sono poco differenziate a livello timbrico, dunque si apprezzano non tanto per l'individualità quanto per l'impasto. Le cose migliori però vengono dalle voci gravi. Nonostante una certa usura (i suoni tendono a slabbrarsi), Mattias Hölle è un Sarastro profondissimo – onora la discesa, non scritta da Mozart, al Mi grave – e un fraseggiatore di ceppo forse troppo wagneriano, ovvero con una latente inclinazione declamatoria, ma nobile, severo, malinconico. E Panajotis Iconomou, morbida voce di basso-baritono, è un Oratore sapientemente in bilico tra aura iniziatica ed empatia verso il mondo degli umani.

Infine i tre genietti, visti da Medcalf come dei ragazzini in pigiamino. A incarnarli, altrettanti solisti dei Tölzer Knabenchor: esemplari per amalgama, eccellenti  per intonazione e privi di tutte le tradizionali leziosità.



Il flauto magico
Opera tedesca in due atti KV 620


cast cast & credits
 
trama trama


Fondazione Teatro Regio di Parma


 


 

Stephan Genz (Papageno), Pilobolus Dance Theatre, foto R. Ricci
Stephan Genz (Papageno), Pilobolus Dance Theatre, foto R. Ricci
 
 
 
 
 
 
 
 

Cornelia Götz (la Regina della Notte), Daniela Bruera (Pamina), foto R. Ricci
Cornelia Götz (la Regina della Notte), Daniela Bruera (Pamina), foto R. Ricci

 

 

 
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