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San Cuore

di Roberto Fedi
  I conduttori
Data di pubblicazione su web 27/02/2006  
«Prima abbiamo ascoltato le canzoni e poi il cuore», ha dichiarato Panariello a proposito del suo Sanremo. Ha anche detto che sarà «un Festival classico col cuore rivolto al moderno». Estraiamo queste dichiarazioni epocali dal sito Rai dedicato a Sanremo. Ilary Blasi, che insieme a Victoria Cabello lo affiancherà, ha promesso che sarà un festival «casereccio» (del resto è la mojie de Totti). Ha anche detto che lei e Victoria hanno molte cose in comune: «Sembriamo così diverse? Sì è vero, ma alla fine siamo due ragazze, con molte cose in comune: parliamo dei nostri fidanzati/mariti, di vestiti, del problema di camminare sui tacchi» (citiamo dal sito del “Corriere della Sera”). Caspita quante cose in comune.

Il Festival de noantri comincia lunedì 27 febbario, e finisce sabato con una sosta mercoledì perché c’è la Nazionale di calcio. Come dire: una settimana televisiva italiana Doc. Canzonette e gioco del calcio, quanto c’è di meglio.

Come negli anni scorsi, non lo guarderemo. C’è capitato per caso di vedere qualcuno dei ‘traini’ che la Rai gli ha dedicato, da Vespa e altrove; abbiamo visto certi collegamenti con la Venier la domenica da sentirsi male, e contorno di vecchie glorie tristissimo. Nella pubblicità Panariello ha addirittura inscenato una specie di rievocazione di Amici miei con scherzo (non faceva ridere) a passanti di Sanremo. Tutto l’insieme ci ha messo malinconia.

Forse avremo gusti difficili, e probabilmente milioni di persone non aspettano altro. A noi Sanremo, col cuore o senza, fa questo effetto: che siamo pronti a scommettere che, se un anno per caso non lo facessero, non se ne accorgerebbe nessuno. È una festa indotta, con canzoni solitamente modeste (un linguista, Giuseppe Antonelli, ha scritto uno spiritoso e acuto articolo sul sito dell’Enciclopedia Italiana, www.treccani.it, affermando che le parole delle canzoni sono fra «le più piatte degli ultimi anni», «testi-domopak prodotti al metro per confezionare melodie che devono scivolare via facili»). Lo spettacolo è antico, da televisione monocanale un po’ come le serate di Miss Italia. Ritmo zero. Lungaggini da sbadiglio. O almeno ci risulta che finora è stato così: se per caso questa volta fosse meglio, ditecelo.

Ma quello che questa volta ci sconcerta è l’appello al cuore, che fa pendant col casereccio: che, come tutti gli appelli o i ricorsi alla mozione degli affetti, sa sempre di artefatto. Perché, Bonolis l’anno scorso con tutti i suoi appassionamenti per il sociale, il cuore l’aveva lasciato a casa? E i predecessori: Pippo, Raffaella, Mike, Fazio con la sua gente comune, facevano Sanremo col fegato? Questa, per fare il verso a Panariello, ‘un s’è capita.

Azzardiamo un’ipotesi. Ormai è invalso l’uso di ascoltare l’inno nazionale con la mano sul cuore: l’abbiamo appena visto in occasione degli ori olimpici (a proposito: bravi!). Dà l’idea di passione incorrotta, di affetto, di emozione che sgorga da quel muscolo come fuoco («passion lives here», era il motto, tutto torinese come si vede, delle Olimpiadi della neve appena chiuse). Sa poi anche di mamma, di casa, di purezza: mai viste tante mamme di campioni alle Olimpiadi come quest’anno.

Che Panariello abbia voluto approfittare del momento olimpico, dell’emozione, del cuore italiano, insomma? Mentre scriviamo, il Mazzocchi alla Domenica sportiva di domenica 26 febbraio, ore 23.30 per la precisione, ha appena detto che finite le Olimpiadi della neve stanno per cominciare le Olimpiadi della musica. Ed ha annunciato un collegamento o qualcosa del genere con Panariello. Come volevasi dimostrare.

Per favore, non costringeteci a non guardare più neanche la Domenica sportiva. Già così è dura.







 

 






 
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