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Rugby maestro

di A. Ferrini
  rugby
Data di pubblicazione su web 06/03/2003  
Spettacolo e sport: non sempre, purtroppo, queste due categorie coincidono, almeno nel nostro paese. Vorrei perciò segnalare un'occasione in cui poterle vedere abbinate attraverso uno sport non molto seguito nell'Italia calciofila.

Siamo una nazione dalla scarsa cultura sportiva e quindi è naturale che uno sport come il rugby venga penalizzato mentre in molti altri paesi viene addirittura insegnato nelle scuole. Il torneo più importante dell'anno si gioca proprio in questi giorni; il mitico torneo delle sei nazioni. Inizialmente, nel lontano 1883, le nazioni erano 4 (Inghilterra, Galles, Irlanda e Scozia), poi sono diventate cinque nel 1910 con la Francia e solo dal 2000 l'Italia è stata ammessa al gioco.
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Come essere introdotti al rugby? Dipende dalle occasioni, io lo fui da appassionate telecronache di Paolo Rosi che negli anni Settanta e Ottanta commentava le partite dell'allora 5 nazioni dagli stadi di Cardiff, Edimburgo o Londra con nomi che gia intrisi di leggenda come Arms Park, Murrayfield, Twickenham, e non mancando mai di arricchire la cronaca con aneddoti sui personaggi e la storia di questo sport. Ricordo ancora di un tallonatore inglese, tale Moore, che Rosi indicava in tutte le occasioni come "avvocato Moore", dalla sua professione, commentando che mai volto fu più fisiognomicamente lontano dall'idea comune di 'avvocato'.

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Ricordo anche gli spalti dove i tifosi si mischiavano tra di loro, cantando ognuno il proprio inno e ascoltando l'altro in silenzio; e si parla di inglesi e irlandesi, scozzesi e gallesi, gente che qualche motivo per non amarsi lo aveva. La Rai del rugby non ha mai capito niente, infatti salta nelle sue dirette gli inni, cosa che risulterebbe inconcepibile per la britannica BBC.

Solo una profonda 'cultura sportiva' può permettere di vivere uno sport in questo modo; la stessa cultura permette che una tenzone cosi vigorosa condotta per due tempi di ottanta minuti finisca con un terzo tempo in cui le due squadre, probabilmente con qualche boccale di birra in mano, commentano insieme l'incontro e le azioni. Liturgia del rugby che in certi paesi è la religione più forte: "Il rugby é un gioco per gentiluomini di tutte le classi sociali ma non lo é per un cattivo sportivo, a qualsiasi classe appartenga." sono le parole di un vescovo inglese, W.J. Carep, diventate un famoso e citato motto.

I pregiudizi sul rugby sono pochi ma durevoli: sport violento (di cui però non si capisce nulla); una lotta continua intorno alla palla impazzita.

Il primo è facile da smontare: se si giocasse con violenza e malanimo probabilmente ci sarebbero feriti e morti con dati statistici impressionanti viste le occasioni di contatto durante la partita. Al contrario, sono la rigidità delle regole e, soprattutto, una sorta di codice cavalleresco a far si che ci si scontri, con forza e vigore, ma nel rispetto di un codice non scritto: nel rugby si gioca con un avversario, non contro un avversario.
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Il secondo pregiudizio richiede un po' più di pazienza e volontà: Françoise Sagan diceva che amava il rugby non perché è violento, ma perché è intelligente. La confusione apparente è in realtà un gioco complicato di movimento. Portare la palla verso il campo avversario è il fine e i modi possono essere diversi dovendo, per regola originaria, passare la palla con le mani solo all'indietro. La palla in avanti si porta o tenendola in mano, o calciandola con i piedi, o correndo e passando la palla ai compagni che ti seguono.

Un'altro famoso detto dice che il rugby è una partita a scacchi giocata in velocità su un prato.

È un gioco dove da solo non puoi fare nulla anche essendo il più bravo e il più 'forte del mondo': se non hai quattordici amici fidati che ti seguono e ti aiutano finisci prima o poi tra le grinfie degli avversari. Questo ammetterete che è altamente educativo specie per chi ha un concetto e un'idea dello sport come mezzo formativo ed educativo. Forse tutto questo va in parte contro l'individualismo e l'indisciplina relativamente diffuse tra i popoli latini ma probabilmente proprio per questo si dovrebbe tentare di diffonderne i valori socio-sportivi.

Un'altra cosa che forse conquisterà i neofiti è che il rugby non ammette bluff: vince sempre il più forte. Non c'è possibilità di truffe e raggiri, furberie e astuzie, lamentele e vittimismi; il risultato finale rispecchierà sempre i valori in campo, la squadra più forte, quella che avrà tenuto la palla di più nella metà campo avversaria, quella che avrà fatto meno falli, quella che avrà fatto meno errori, quella che sarà stata più corretta nel comportamento, vincerà. Il migliore prevale.
Domenica 9 marzo si giocherà nello stadio londinese di Twickenham Inghilterra - Italia. Sappiate, se deciderete di vedere la partita, che l'Italia perderà: i valori in campo sono ancora troppo diversi. L'ultima volta finì 80-23 ma l'Italia, nonostante la sconfitta, fu applaudita e, se non ricordo male, fece anche due mete.

Sarà certamente una partita da guardare, osservando - come fossero deposizioni del Pontormo - le figure umane che giocano nelle rimesse laterali, che si avvinghiano nelle mischie, che srotolano azioni alla mano correndo in avanti ma passando la palla dietro in un apparente non-sense dinamico, cercando di entrare nello spettacolo perché poi ne saremo/sarete ripagati: se all'inizio non 'capirete' tutto non ha importanza, l'importante è iniziare ad amare questo sport.


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