È raro che sulle scene italiane si rappresenti l'Urfaust, la prima stesura del Faust scritta dal giovane Goethe e, in seguito, rifiutata perché lo scrittore la considerava un abbozzo informe e mal sviluppato. Procedendo da un accurato lavoro di riduzione e di adattamento, condotto sulla traduzione italiana di Giovanni Vittorio Amoretti, il regista Andrea Liberovici realizza uno spettacolo sorprendente e prezioso, prodotto dallo Stabile di Genova e da quello del Veneto, interpretato da Ugo Pagliai e Paola Gassman, con le scene di Paolo Giacchero, i costumi di Silvia Aymonino, le luci di Sandro Sussi, le musiche originali dello stesso Liberovici. Due citazioni soltanto, la prima relativa al confronto tra il cielo e l'inferno, la seconda sulla cessione dell'anima attraverso il patto di sangue, sono state recuperate dal Faust, mentre l'idea base della messinscena sfrutta proprio la frammentarietà del testo primigenio, che ben si presta al linguaggio multiforme e inventivo adoperato nello spettacolo.
Paola Gassman e Ugo Pagliai, foto Paolo Porto
Intorno ad una spoglia piattaforma in declivio, priva di orpelli, ma conchiusa tra un fondale neutro e un trasparente, si snoda il dramma della conoscenza di Faust, un uomo che scopre la giovinezza della propria anima nel momento in cui si confronta con Mefistofele. Un individuo, che ha dedicato la vita interamente allo studio, vede attraverso i discorsi del suo doppio-diabolico quanto sia esaltante e indispensabile l'esperienza della passione. Il tormento esplode dopo l'incontro casuale con l'ingenua Margherita, adolescente candida e inesperta: la febbre amorosa trasforma il maturo Faust in un insaziabile innamorato, tanto più assetato di contatti carnali, quanto più è consapevole della propria tardiva scoperta.
Ugo Pagliai conferisce al personaggio principale un'intensa frenesia, che trapela attraverso le vibrazioni della voce, che si traduce in un'ininterrotta tensione corporea, che si maschera a stento dietro lo slancio della ragione. Il suo agire si risolve in un esasperato esame di coscienza, che lascia emergere i riflessi di un'insanabile contraddizione morale: Faust è pronto ad accettare qualsiasi compromesso pur di estinguere la sete di giovinezza. Ivan Castiglione restituisce un Mefistofele crudo e disinvolto mediatore delle esistenze altrui. Kati Markkanen fa di Margherita una fanciulla sensibile alla seduzione, che passa dall'ingenuità al peccato estremo. Paola Gassman vivifica la figura di Marta, una vicina di casa di Margherita, disegnata tra la coerenza dei giudizi e la propensione alla trasgressività; è una donna che ben presto e volentieri cede alle lusinghe della carne e al soffio della seduzione.
Ivan Castiglione, Kati Markkanen, Paola Gassman, Ugo Pagliai e Andrea Liberovici, foto Teatro del Suono
La linearità dell'intreccio poggia sull'estrema ambiguità dei quattro personaggi, intorno ai quali la regia di Liberovici compone in modo misurato ed evidente una molteplicità di rimandi: sugli schermi, infatti, scorrono le immagini filmate della vicenda faustiana, consegnata alla tragica rigidità espressiva delle marionette della compagnia Lupi di Torino. La presenza di Dio, di Lucifero e dei vari protagonisti, la lotta tra bene e male, la crudezza del patto demoniaco, e altri episodi ancora, che le musiche di Berlioz, Mahler, Gounod, Nishimura, Satie e Beethoven colorano d'ironica melodrammaticità, sono ripresi con una particolare sapienza tecnica e proiettati in uno spazio metafisico assoluto.
Gli attori di carne paiono avvolti da un tessuto narrativo illimitato, anche perché la loro recitazione è amplificata, in modo da restituire l'interezza di un primo piano vocale, senza mascheramenti; allo stesso modo, in scena appaiono solamente due oggetti, un mazzo di fiori e un cofanetto di gioie: il primo sta a simboleggiare la natura, l'altro rimanda all'artificio della mente. L'esito è avvolgente anche per lo spettatore, che avverte il pulsare del tempo infinito in una vicenda che lo riguarda da vicino: un giudizio confermato dal calore degli applausi che hanno accolto le recite veneziane.
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