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Goodbye Mr. Ciampi!

di Roberto Fedi
  Carlo Azeglio Ciampi
Data di pubblicazione su web 04/01/2006  
Ne avevamo parlato in occasione del suo quarto messaggio di fine anno. Lo facciamo di nuovo in quella del suo messaggio numero sette, e ultimo (ci riferiamo alla sera del 31 dicembre 2005, naturalmente). Con un pizzico di rassegnazione, se ce lo consentite: visto che l’anno prossimo, chiunque sia il Presidente, sicuramente ci toccherà rimpiangerlo, data la gente che c’è in giro.

L’abitudine a rivolgere alcune parole agli italiani, prima del cenone micidiale di capodanno, dei botti, dei feriti, dei morti, delle mani mozzate e delle dita saltate (tutto quello che si ascolta nei tiggì del giorno dopo, e a chi scrive, lo confessiamo, procura un sottile piacere: come della conferma, ennesima, dell’imbecillità generale), è in Italia abbastanza recente, ma all’estero meno peregrina. Il predecessore di Ciampi, Scalfaro, sembrava un cardinale incazzato e fintamente benevolo; Cossiga borbottava; il migliore era sicuramente Pertini, con fare amichevole e sovranamente simpatico.

Ciampi ha riportato i suoi messaggi, giustamente, nei binari della colloquialità: quella di un italiano, come ha detto, che parla ai propri connazionali. L’ultimo discorso, secondo noi, è stato il migliore: breve, in qualche caso commosso, serio, accorato anche ma senza paternalismi. Naturalmente, come già avevamo rilevato a suo tempo, il limite di questi interventi sta proprio nella nostra Carta Costituzionale, che di fatto priva il Presidente della Repubblica di qualsiasi prerogativa che non sia quella del custode della Costituzione (ci piacerebbe chiedere a cento italiani presi a caso che cavolo vuol dire), e poco più. Dandogli una funzione soprattutto morale: Ciampi ha assolto questo compito in modo eccellente, e per questo i suoi messaggi hanno sempre toccato corde anche profonde. Ma da qui anche il limite: di fatto, il cittadino in procinto di ingozzarsi sente, anche confusamente, che quel messaggio niente cambierà della sua vita, poco gli spiegherà, in nessun modo influirà sul futuro anno che sta per aprirsi. Bene che vada, lo prende come un’omelia laica. Infatti quelli che lo commentano e se ne appropriano sono, di fatto, i politici, che il giorno dopo inonderanno i giornali con le loro non richieste chiose: così abituati, ahinoi, ad avere loro il proscenio da non tollerare che nessuno, neanche il Presidente, glielo tolga anche solo per venti minuti.

Per questo, probabilmente, rimpiangeremo Ciampi. È stato l’unico, in questi anni, capace di parlare con i suoi foglietti senza farci vergognare. Non è poco.

Buon anno.



Discorso di fine anno del Presidente della Repubblica

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Il testo integrale del discorso di fine anno di Ciampi
 
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