Nei film di Jim Jarmusch il protagonista è spesso la misura di tutto il film. Non fa eccezione Broken Flowers, che si apre su un impalpabile Bill Murray alias il 50enne Don Johnston: in tuta da sport, seduto su un divano davanti alla tv, immobilizzato si direbbe dalla fatica e dalla grandezza del suo passato di conquiste, è incapace di reagire davanti allennesima donna (Julie Delpy) che gli dice addio.
Bill Murray come un dio del sesso, totem intoccabile, centro di gravità permanente e imperturbabile di tutto il film, steso sul divano come un leone che attende che la leonessa gli procacci il cibo, mentre osserva significativamente spezzoni del film La vita privata di Don Giovanni di Alexander Korda (1934), ultimo ruolo di Douglas Fairbanks.
Scapolo impenitente, arricchitosi grazie allinformatica ma sprovvisto di un proprio computer a casa, Don riceve, nel giorno in cui la giovane compagna delusa lo lascia, una sorpresa destinata a destarlo dal torpore. Si tratta di una lettera anonima di una sedicente vecchia amante dei tempi del College che gli confessa di aver avuto un figlio da lui 18 anni prima e che questi è adesso in viaggio per ritrovare il padre. Dopo dieci minuti, il film è davvero cominciato: Don può alzarsi dal divano.
Aiutato dal vicino etiope maniaco di letteratura poliziesca che gli preparerà una lista di indirizzi e un cd di accompagnamento per il viaggio, Don si imbarcherà in un periplo americano alla ricerca delle vecchie amanti per scoprire se la lettera ricevuta dice il vero.
Maestro del film "a sketch" e dellumorismo surreale, artisticamente incorruttibile e allapparenza in-influenzabile (pur essendo una dei principali modelli di tutta una generazione di cineasti indipendenti ) Jarmusch non è cambiato. Qui descrive una ricerca del tempo perduto di un uomo attraverso le sue ex amanti dei ruggenti anni70, ormai divenute psicologhe per animali o infelici mogli di businessmen dellimmobiliare. Come sempre, al menu ci sono dialoghi minimalisti o addirittura muti, intramezzati da musiche travolgenti, ritmo lento e recitazione stravagante.
E la formula Jarmusch, già evidente in Permanent Vacation, primo film del regista- sceneggiatore, girato sostanzialmente senza budget e riferimento istintivo per lo spettatore di Broken Flowers. A volerla semplificare, eccola: prendere un protagonista tra lalienato e leccentrico, farlo camminare da solo o in compagnia di vari pazzoidi, attraverso ambienti e situazioni altrettanto strambe. Detto così sembra facile e addirittura insulso ma così sono nati molti dei film di Jarmush, road- movies sentimentali e individuali, sempre qualche spanna fuori dal mondo reale e talvolta veri e propri capolavori.
Per Broken Flowers Jarmush sceglie un cast femminile fatto di icone consolidate e forse già in declino (Sharon Stone e Jessica Lange) e di altre più segrete ed "europee" (Juliette Delpy, Tilda Swinton), da affiancare all ex- amante Don/ Murray.
Questultimo, rivitalizzato da Sofia Coppola in Lost in Translation e poi definitivemente rilanciato dallo stesso Jarmusch e da Wes Anderson, è attore ormai in grado di reggere un intero film sulle sue spalle, o meglio sul suo sguardo assente e sui suoi silenzi, presenza taciturna ma "pesantissima" come sono solo i grandi attori e come già furono, nel passato del regista, Johnny Depp nello straordinario Dead Man e Forrest Whitaker in Ghost Dog.
Jarmuschiano fino alleccesso, Broken Flowers, Premio della Giuria di Cannes 2005, è anche unopera irrisolta, come gran parte delle precedenti fatiche del regista. Chi si aspettava il film della maturità rimarrà forse deluso nel vedere ricalcato uno stile cinematografico personalissimo ma ormai quasi codificato, la cui vena malinconica, più profonda che in passato, costituisce forse il solo elemento nuovo. Ma è vero che proprio nella continuità di questo stile, qui al suo apogeo, sta una delle forze del regista di New York.
Senza contare che abbiamo lasciato per ultimo lelemento trainante di tutti i film di Jarmusch, quello che non può conoscere cadute di stile: le musiche. Dopo John Lurie, Tom Waits, Neil Young e RZA, è qui la volta del jazzman etiope Mulatu Astatke, artista attivo dai primi anni60 tra America ed Africa ed autore di pezzi non originali ma assolutamente perfetti per il film, con larghe concessioni al pop e allAfrica, vero metronomo della storia e colonna portante, oltre che sonora, dello stranito viaggio del protagonista.
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