“Erano amici veri. Erano la banda più spietata degli anni 70”. Così recita il sottotitolo del nuovo film di Michele Placido, Romanzo criminale. Sottotitolo eloquente da vari punti di vista, poiché qui si condensa linsieme degli elementi che contraddistingue la banda romana della Magliana. Il Libanese (Pierfrancesco Favino), il Freddo (Kim Rossi Stuart) e il Dandi (Claudio Santamaria) sono difatti amici veri, che dalla seconda metà degli anni Settanta alla prima degli anni Ottanta terrorizzano Roma e lItalia intera con i loro atti efferati, tra cui, ricordiamo in ordine cronologico, il sequestro e luccisione del Barone Rosellini.
Una scena di Romanzo criminale
E a partire da una amichevole coalizione tra novelli, fanfaroni, esponenti della malavita nostrana che la rete di alleanze cresce e si sviluppa progressivamente, acquistando forza e potere. La svolta è segnata dallingresso della banda nel circuito del traffico di eroina: occasione che pone le basi per un ulteriore estensione nei campi della prostituzione e del gioco dazzardo, nonché per la protezione da parte della Mafia e dello Stato. Una vera e propria ascesa, dunque, che tuttavia, giunta al suo momento culminante, è destinata a regredire per leccessiva bramosia. Questa, oltre ad essere la storia di un gruppo di giovani criminali, è anche la “storia oscura” del nostro Paese: gli anni della prima repubblica, del terrorismo, di Mani Pulite.
Il film di Michele Placido, tratto dallomonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo, sembra riproporre la classica costruzione del gangster movie americano adattata però alla situazione di quegli anni in Italia.
Più volte, e per vari motivi, è stato sostenuto dalla critica il confronto con Quei bravi ragazzi (1990) di Martin Scorsese, uno dei film più noti della storia del cinema sul tema della criminalità organizzata. In realtà gli esempi del cinema americano a cui guardare possono essere tanti. Questo perché in America più che in Europa il genere gangster ha trovato nel tempo maggiore consenso, raggiungendo così una maturità linguistica e una qualità narrativa impareggiabili; aspetti a cui ogni autore fa riferimento quasi istintivamente.
Jasmine Trinca, Kim Rossi Stuart e Michele Placido
Ciò che però rende lopera di Placido unopera italiana a tutti gli effetti è innanzitutto lattenzione alla resa realistica dei personaggi e degli eventi: si nota una certa cura per la delineazione psicologica dei protagonisti, la ricostruzione di un lessico appropriato e, sopratutto, la stretta aderenza ai fatti di cronaca della storia italiana nei limiti della conoscenza collettiva. Avvenimenti scottanti come la strage della stazione di Bologna, il caso Moro o lattentato a Giovanni Paolo II entrano a far parte del film, intrecciandosi con la storia della banda, senza per questo aggiungere nulla di nuovo a quanto è ormai noto. Tutto sembra ricondurre, volendo trovare una risposta, alla figura del Grande Vecchio (Toni Bertorelli), che interpreta il ruolo di un impersonale (e già visto) manovratore. A sconvolgerci dunque non è lillustrazione di uno dei vari grandi misteri dItalia, ma la mediocrità e la crudeltà umana che non risparmiano nemmeno un uomo di legge come il commissario Scialoja (Stefano Accorsi), il quale finisce con linnamorarsi della prostituta Patrizia (Anna Mouglalis), già donna del Dandi, e cedere alle tentazioni del potere.
La banda della Magliana
A parte alcune eccessive sottolineature, come linseguimento che apre e chiude il film, e una discreta ridondanza, utile forse a raggiungere le due ore e mezza di durata, nel complesso il lavoro di Placido conferma la sua abilità nel racconto dazione e di impegno civile. Romanzo criminale può essere considerato un buon compromesso tra i differenti livelli messi in gioco dalla storia: privata, quella dei componenti della banda e delle loro relazioni interpersonali; collettiva, le implicazioni apportate sul piano della politica nazionale; sociale, lascesa e la caduta di un dominio; storica, il significato a posteriori attribuito agli eventi.
Ma più di ogni altra cosa va sottolineata loccasione che il film offre a molti dei giovani attori italiani di mettere alla prova le proprie capacità artistiche con grande successo, e di allontanarsi, almeno per un po, prendendo respiro, dalla consueta produzione italiana di questi anni, particolarmente attenta a questioni esclusivamente individualistiche.
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