Ovada, Piemonte, Texas. Avrebbe potuto anche aprirsi con una didascalia da vecchio film western Texas, il film esordio di Fausto Paravidino, attore e drammaturgo genovese classe 1976 prestato al cinema dal teatro (è autore di numerose pièce tra le quali Natura morta in un fosso e Noccioline). E bisogna dire subito che per essere un esordiente Fausto Paravidino, lultima scommessa di Domenico Procacci, ha grinta da vendere. Texas è una storia di provincia ambientata nellentroterra piemontese, provincia della provincia forse, dove linverno è lungo e freddo, i gamberoni rossi sono un sogno e il sole un lampo giallo al parabriz, come cantava Paolo Conte. Piemonte come potrebbe essere Illinois, Colorado, Texas appunto.
Ma chi sono i nuovi pionieri di questa frontiera indefinita che assomiglia sempre più a una terra di nessuno, un non luogo uniforme e desolato fatto di ipercoop, macchine da corsa, “sballo” e solitudine? Sono i nipotini di Fenoglio e i figli del consumismo, sono i forzati del sabato sera, sono meccanici, commesse, studenti, sono giovani come tanti. E sono proprio questi ragazzi qualunque i protagonisti del film di Paravidino: cè Elisa, quella ricca che mette a disposizione la villa dei suoi per i festini, la sua amica “cozza” che la segue come un pesce remora, cè Davide, un timido col complesso della verginità e una certa predisposizione per la violenza carnale, Enrico che fa il servizio civile e non sa se andare o restare (lo stesso Paravidino), ci sono Cinzia e Gianluca (Riccardo Scamarcio), lei innamorata e candida, lui un po meno, e tutta una galleria di macchiette di contorno come “il fattone”, quello che ha fatto lErasmus a Barcellona e non si è più ripreso, una specie di bruto che declama gli stati USA a suon di rutti modulati (ma non sera già visto in Ovosodo?), un intellettuale marxista di otto anni, un vecchio e orgoglioso partigiano, e un sindaco xenofobo e ignorante come una bestia (personaggio, ahimè, riuscitissimo). E poi cè lei, la bella e scandalosa Maria (unintrigante Valeria Golino), la maestrina che ha sposato un uomo debole e rinunciatario e che finirà per innamorarsi fatalmente del giovane Gianluca sfidando lesecrabile perbenismo di provincia.
Sono davvero tanti i personaggi di Texas, tutti un po stereotipati (eccetto forse Maria) e altrettanto sinistramente verosimili. Il racconto corale di questi giovani senza bussola, impantanati alle soglie delletà adulta in questa terra di mezzo tra Piemonte e Liguria, fatica a trovare una coerenza di stile e un equilibrio di narrazione nonostante la voce fuori campo del regista si sforzi di assicurare fluidità alla storia riannodando le troppe divagazioni della sceneggiatura. I dialoghi sempre “carichi” e le interpretazioni antinaturalistiche degli attori sarebbero molto efficaci a teatro (e in qualche scena lo sono anche nel film), ma purtroppo devono fare i conti con lo spietato realismo connaturato al mezzo cinematografico. Leffetto che ne risulta, soprattutto nella prima parte del film, in cui i personaggi e le loro brevi back-stories (in realtà ci dice molto di più su un personaggio lo squallore di un tinello di certi pleonastici antefatti familiari) vengono introdotti con un continuo ricorso allo sguardo in macchina, allo straniamento, alliperbole e alla distorsione grottesca, non sembra del tutto convincente.
In realtà forse il vero film inizia nel secondo tempo, quando finita la sarabanda di trovate ed espedienti, la storia getta le stampelle e comincia davvero a camminare con i suoi piedi. È proprio il triangolo amoroso tra Gianluca, Maria e suo marito a far levitare il film decretando il vero e proprio cambio di passo della pellicola, da cantiere sperimentale di regia e recitazione a opera che inizia a prendersi sul serio. Una vecchia pistola dissepolta carica il film di una tensione inaspettata: come recita un vecchio adagio del cinema, se viene inquadrata una pistola, state certi che prima o poi sparerà. Ma non è detto. Se fossimo davvero in Texas (e non in Piemonte), una bella scazzottata dovrebbe fare da preludio al classico duello finale. Ma non è detto.
Quello che di certo non poteva mancare in Texas era il finale epico, con tanto di movimento di macchina ad abbracciare lorizzonte innevato della frontiera di provincia (e qui Paravidino fa un po il John Ford e un po il Guido Chiesa de Il Partigiano Johnny), lorizzonte del Texas oltre il quale sognano di fuggire i due ragazzi che scendono a valle tra i filari delle viti, con la neve alle ginocchia e la bottiglia in mano. Ma in Italia non si fugge dalla provincia, se non per arrivare in quella provincia un po più grande, che qualcuno chiama città.
|
|
|
|
Texas
|
|
|
|
Fausto Paravidino e Valeria Golino
|
|
|
|