Fiore allocchiello delledizione 2005 dellEdinburgh International Festival, Blackbird presenta almeno due elementi di eccezionale interesse: il testo, scritto appositamente da David Harrower, e la regia di Peter Stein; il connubio che avviene in un luogo caro a entrambi soddisfa le aspettative grazie ad una produzione ricca e accurata, che accosta ai due autori il raffinato musicista Arturo Annecchino e due attori di straordinario talento: Jodhi May e Roger Allam.
Prendendo spunto da un caso che fece scandalo sui giornali nel 2003, Harrower si sofferma ad analizzare la psicologia di un uomo, Ray, che coltiva una relazione illecita con una ragazzina di nome Una; lazione si svolge quindici anni dopo labuso, nella sala del personale di una struttura lavorativa: il protagonista ha già trascorso diversi anni di galera e ora – almeno così dice – si è creato una nuova vita. La ragazza lo cerca per riparlare del passato che invece per lei è costantemente presente e le impedisce di avere una vita normale; lincalzare dellinchiesta della giovane che porta il pubblico a scoprire poco alla volta che cosa sia avvenuto, è addolcito di tanto in tanto dal passaggio di qualche estraneo che irrompe improvvisamente nella stanza o si affaccia semplicemente alla vetrata che dà sul corridoio portando un po di leggerezza al motivo centrale. E via via che la realtà del passato si fa sempre più dura, si comincia a vedere nel presente uno spiraglio di luce che almeno per qualche istante fa sognare ad entrambi la rinascita del loro trascorso amore. Il ritmo si fa però più debole nella seconda parte dello spettacolo, quando ormai si sono descritti tutti i dettagli della storia e si attende soltanto uno sviluppo che però tarda a venire.
Sempre a capo chino, impacciato nei movimenti, Roger Allam incarna perfettamente il suo sconvolto, inerte personaggio pur capace di commettere enormi atrocità: il suo curriculum daltra parte lo ha visto più volte impegnato in ruoli altrettanto malvagi come Hitler (in Albert Speer) e Macbeth (per la Royal Shakespeare Company). La situazione è dunque totalmente gestita da Una che riesce ad impedire a Ray di andarsene, cadendo completamente nel panico ogni volta che questi esce dalla stanza ricordando il giorno in cui lasciandola sola in una stanza di albergo non tornò più indietro. Tutta la vicenda rivive esclusivamente tramite le loro parole, non ci sono azioni, solo discorsi, capaci però di ricreare con estrema forza ogni dettaglio della storia: il racconto appassionato di Una che descrive la sua corsa fra le strade di una cittadina inglese è accompagnato dal rumore delle auto che sfrecciano, dal suono dei clacson, curati dallingegnere italiano Ferdinando Nicci. La musica di Annecchino accompagna quasi tutti i racconti, in maniera delicata, lasciando sempre il primo posto alle parole, ma contribuendo a fare assumere a queste sfumature ogni volta diverse.
Scene e costumi sono incredibilmente realistici, tanto da rendere assolutamente naturale la presenza di unauto che sfreccia nellultima scena, ambientata in un garage: Ferdinand Wogerbauer ha così disegnato uno spazio fatto di sedie, tavoli, armadietti comuni in qualsiasi ospedale o struttura pubblica. Ne risulta uno spettacolo quasi cinematografico, che fa propri tutti gli strumenti del grande schermo catapultandoli sul palco di uno dei più antichi teatri di Edimburgo. La direzione di Peter Stein diviene un sottile filo che unisce tutti gli elementi senza farsi vedere, evitando invenzioni o trovate particolari, a sicuro vantaggio del realismo dello spettacolo.
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