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Notturno dionisiaco

di Gilles De Van
  The Bassarids
Data di pubblicazione su web 03/05/2005  
Curiosa creazione francese, quella dell'opera di Henze: in seguito ad uno sciopero, l'orchestra filarmonica di Radio-France e poco dopo l'orchestra Lamoureux hanno rifiutato la loro partecipazione. Temendo l'annullamento di questo avvenimento, in accordo con Henze (che era presente alla rappresentazione), il direttore dello Châtelet ha chiesto al direttore d'orchestra Kazushi Ono di preparare rapidamente lo spartito per un organico orchestrale ridotto (tre pianoforti, un violino, un contrabasso, una chitarra, un mandolino, due arpe, quattro trombe, una celesta e sette percussionisti).

Bisogna congratularsi col direttore giapponese per l'alta qualità della sua riduzione che salva gran parte dell'opera originale, anche se logicamente manca lo sfarzo dell'orchestrazione del compositore tedesco; ma per ritrovarlo, ci si può riferire ad una registrazione (per esempio quella diretta da Christoph von Dohnányi in occasione della creazione dell'opera a Salisburgo nel 1966); è evidente che, a non parlare delle corde, la mancanza dei legni e degli ottoni gravi non permette di apprezzare il lavoro di Henze, ma valeva la pena presentare quest'opera anche se un po' mutilata.
The Bassarids


La tragedia di Euripide è splendida e l'adattamento di Auden e Kallman segue da vicino la crudele storia di Dioniso: si noteranno semplicemente la maggiore presenza di Agave che nella tragedia appare solo alla fine, l'aggiunta di Autonoe e della nutrice Beroe e infine l'aggiunta di uomini al coro; oltre che ideologiche, le ragioni di queste modifiche sono chiaramente tecniche: assicurare una forte presenza femminile con due soprani e la mezzo di Beroe; per un coro costantemente presente durante l'opera, avere un equilibrio fra uomini e donne.

Fedele alle sue convinzioni sull'essenza mitica dell'opera, Auden incentra il libretto sul conflitto (già presente in Euripide) fra un potere forte ed austero e la liberazione degli istinti, auspice il vino: Penteo proibisce il culto di Dioniso e condanna al supplizio chi vi si dedica, ma Dioniso si vendica severamente; ammalia le donne tebane, compresa Agave che finisce coll'uccidere il proprio figlio. Ma il mito, pur essendo "eterno", porta la traccia dell'epoca che l'ha fatto rivivere: non dimentichiamo che l'opera di Henze fu creata nel 1966, due anni prima del maggio '68, tre anni prima del gigantesco festival di Woodstock e negli anni dello slogan "fate l'amore e non la guerra"; era quindi facile stabilire un'analogia fra i furori dionisiaci e il vento di contestazione che soffiava sul mondo (Marcuse, Fromm) e soprattutto che Henze era notoriamente di sinistra e favorevole ai movimenti per la liberazione sessuale. Tuttavia, come la tragedia euripidea, l'opera non risolve l'insolubile conflitto, perpetuamente risorgente: alla violenza repressiva di Penteo risponde la violenza distuttrice di Dioniso.

Da raffinati librettisti, Auden e Kallman suggeriscono una comprensione "moderna" dei personaggi: il nuovo dio sveglia i desideri repressi di tutti i personaggi, prima di tutti, Agave, che approva la politica di Penteo ma è sessualmente attratta dal capitano, e finisce stregata dal dio fino a diventare assassina; Tiresia è visto come un clergyman ottocentesco libidinoso ad affascinato dalla nuova moda; il capitano delle guardie è il tipo dell'ufficiale che ubbidisce agli ordini del potere, quale che sia esso; il severo Penteo libera nell'intermezzo il suo erotismo represso che si traveste con fogge settecentesche.

È risaputo che dopo aver seguito i corsi di Darmstadt, Henze si separò dal serialismo puro e i suoi rapporti con l'avanguardia (Boulez, Stockhausen) furono pessimi; iniziò allora una pratica eclettica che al serialismo aggiungeva la tradizione classica e il jazz. La sua volontà di riallacciarsi alla tradizione è già indicata dal titolo dell'opera, "opera seria" in altri termini l'opera di "pezzi chiusi" del Settecento italiano, ma la sua dipendenza dal sinfonismo tedesco appare nella concezione dell'opera come sinfonia in quattro movimenti; lo stile è quindi polivalente e oscillante fra serialismo e scrittura quasi classica se non tonale, ma con la costante volontà di essere capito: insomma è un'opera non difficile e sempre seducente.
Franco Pomponi e Rainer Trost



Si ricorderà la forte teatralità delle Bassaridi: la sensualità di Agave, la netta separazione fra il mondo di Dioniso e quello di Penteo, il crescendo drammatico con i "miracoli" di Dioniso, la caccia sul Citerone e la morte di Penteo. Un'altra caratteristica è la vocalità: siamo molto lontani dall'esasperante frammentismo e discontinuità di molte opere dodecafoniche: Henze non rifiuta il canto, pur se echeggia il lirismo dell'opera romantica, italiana o tedesca.

La regia di Kokkos è pienamente soddisfacente, anche se come altri indulge ad un eccesso di oscurità (ma il regista greco ci risponderebbe che il mondo di Dioniso è essenzialmente notturno). I protagonisti sono disposti su due livelli: la scena nuda e normalmente illuminata per i membri della famiglia reale (compreso Tiresia); il coro è leggermente soprelevato (per alludere al Citerone) e posto nella penombra. Solo alla fine le Menadi, ognuna col suo lumino (che serve a forare la notte alla ricerca di Penteo), invadono la scena. Nessun accessorio, tolte alcune lapidi che suggeriscono la tomba di Semele. La gestualità è sobria e giusta. Il cast vocale è di ottimo livello e relativamente omogeneo (con alcuni limiti per il tenore Dioniso): ottima l'Agave di June Anderson (ma non soprende) che incarna una vedova frustrata, ottimo anche il baritono Pomponi che figura Penteo; bravi gli altri ed ottimo il coro.

In conclusione, Jean-Pierre Brossmann, direttore dello Châtelet, ha avuto ragione di impuntarsi per realizzare quest'opera di Henze che piace molto anche se non sconvolge, ma che sicuramente meritava di essere portata agli orecchi ed agli occhi del pubblico parigino.
The Bassarids
Opera seria in un atto da "Le Baccanti" di Euripide


cast cast & credits
 
trama trama
 


 

June Anderson

 

 


 
Foto: M.N. Robert

 


Rainer Trost e Franco Pomponi



 

 


 


 




 

 
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