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Firenze e la memoria

di Giulia Tellini
  il cast dello spettacolo
Data di pubblicazione su web 26/04/2005  
Firenze. Teatro Puccini, 21 aprile 2005. A introdurre lo spettacolo, davanti a una sala traboccante di fiorentini e fiorentinità, al centro di uno dei palcoscenici più "off" e – nonostante questo - meno radical-chic della città, è Nicola Zavagli, autore e regista de L'armadio di famiglia (ovvero la nostra ultima guerra), sceneggiatore fra le altre cose - per Benvenuti - di Belle al bar e di Ivo il tardivo e - per Chiti - de La seconda moglie.

Messo in scena dalla Compagnia dei Teatri d'Imbarco, nata dall'incontro fra Zavagli e l'attrice Beatrice Visibelli, classe 1966 (già diretta da Furio Bordon, Antonio Calenda, Barbara Nativi e Cristina Pezzoli), L'armadio di famiglia si inserisce all'interno del programma di iniziative organizzate dal Comune per celebrare il 60° Anniversario della Liberazione.

La protagonista della vicenda, che si svolge a Firenze nell'arco di tempo compreso fra l'inverno del 1943 e l'estate del 1944, è Clara, energica levatrice quarantenne che abita con i figli Valeria e Mario in un misero ultimo piano affacciato sulla Chiesa del Carmine. Oltre alle visite di Gaetano – camiciaio napoletano dalla trascinante allegria – a esserle di conforto è Valeria che, insieme a lei, attende l'arrivo di lettere dalla Grecia, dove il marito è prigioniero da due anni. Paralizzato a una gamba in seguito a una poliomelite, l'orgoglioso Mario trascorre invece i giorni (e le notti) per lo più fuori casa. Nel tentativo, si suppone, di smaltire in qualche modo la frustrazione di essersi visto escludere dal servizio militare. Interviene Gaetano a mandare in frantumi l'inossidabile rispettabilità di Clara conducendole, nottetempo, in casa una ragazza incinta in compagnia del fratello. I due giovani sono ebrei. Nato il bambino, la soffitta di Clara - cui si accede da una botola coperta dall'armadio del titolo – si trasforma in breve nel loro rifugio.

Si passa - nel giro di due ore e mezzo, solide e ben costruite, di spettacolo – dai toni agrodolci a quelli più amari, dai toni lievi a quelli più opprimenti: dalla commedia alla tragedia che, annunciata da vari indizi, irrompe nella storia all'improvviso, quando ormai le acque sembrano essersi calmate. La tragedia entra nella storia e ad incarnarla, in maniera impeccabile, è Marco Natalucci, l'icona dell'Arca Azzurra Teatro, indimenticato nella trilogia La terra e la memoria di Chiti. E indimenticabile, nella memoria del tempo ritrovato di chi scrive, Giamburrasca nel musical omonimo (1994) di Savelli. Il gelido colloquio finale, a sipario chiuso, fra Beatrice Visibelli e Marco Natalucci mette lo spettatore in una situazione quasi di disagio fisico. Un vero interrogatorio dove più che le parole contano i gesti, le azioni, i silenzi. Ad accompagnare e commentare le vicende rappresentate sono alcuni "intermezzi cantati" affidati a Chiara Riondino, malinconica cantastorie che, chitarra in mano e fatalismo negli occhi, assiste, seduta su una sedia alla sinistra del palcoscenico, all'evolversi delle situazioni: le sue ballate – modellate sulla Buona novella di De André (che lei ha interpretato qualche anno fa insieme al fratello David) – scandiscono lo spettacolo in varie "stazioni" conferendogli un andamento solenne e arcaico, tanto più liturgico quanto più popolare.

Clara e Gaetano sono gli antieroi di questa storia. Serbatoio umano di cultura e temperamento fiorentini, la prima fa partorire al ritmo del XXVI Canto dell'Inferno e concentra in sé vitalità e debolezza, entusiasmo e diffidenza, ironia e pessimismo, estrema generosità e velato egoismo. Questa volta, dopo aver dato al mondo una vita, deve assumersi la responsabilità di garantirne tre. Schietto e gentile, solare e coraggioso, Gaetano è un concentrato di virtù partenopee allo stato puro. La prima parte dello spettacolo – ambientata in un'affastellata ed evocativa cucina in legno completa di tavola e tovaglia (omaggio a Pascoli?), armadio, credenza e cassettiera – ricorda l'inizio di Napoli milionaria, liberamente riscritto ad uso e consumo di Firenze. Nella seconda parte - che si potrebbe intitolare anche Sostiene Clara – si assiste alla presa di coscienza - nel bene e nel male - della protagonista, al crollo di sue varie certezze e alla rivendicazione della necessità dell'impegno: «ho imparato più in questi mesi che in tutta la mia vita». 

Accanto a una Beatrice Visibelli molto brava e misurata, Giovanni Esposito vive con straordinaria naturalezza il personaggio di Gaetano e Chiara Martignoni cesella con melliflua e petulante cura il  cammeo della solita vicina di casa delatrice. Il ruolo dell'antagonista a tutto tondo spetta invece a Marco Natalucci che lo interpreta con fredda e sarcastica professionalità.    

 



L'Armadio di famiglia (ovvero la nostra ultima guerra)
cast cast & credits
 



locandina
locandina


Beatrice Visibelli
Beatrice Visibelli


 
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