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Il fascino ipnotico di Omkara

di Gabriella Gori
  Omkara
Data di pubblicazione su web 01/05/2002  
Omkara in lingua indiana "è la sorgente di tutti i suoni" che accompagna la danza rituale di Shiva, il dio nataraja (re della danza) che crea il mondo. A questa magica parola si sono ispirati il musicista, danzatore e coreografo indiano Raghunath Manet e il violinista jazz Didier Lockwood per fondere Oriente e Occidente ed esorcizzare sulla scena paure e differenze.

Omkara è il titolo allusivo dello spettacolo allestito nel Teatro Verde dell' isola San Giorgio a Venezia, luogo ricco di suggestioni, per la Biennale Danza che persegue, nella scelta degli appuntamenti coreutici, un melting pot di culture e linguaggi eterogenei. Il sincretismo è il nerbo vitale di questo recital che con maestria coniuga musica, danza e canto provenienti da tradizioni lontane eppure capaci di trovare, nella continua contaminazione di suoni, gesti e colori, punti di contatto di grande impatto visivo, uditivo ed emotivo.

E non è un caso che questo continuum ipnotico renda omaggio a Vaslav Nijinsky, il leggendario danzatore dei Ballets Russes di Diaghilev che, interpretando nel 1912 Le dieu bleu di Fokine, fu tra i primi corifei a dare vita alla scoperta della danza indiana in Occidente. Omkara è un fluire incessante di sensazioni che coinvolgono e guidano lo spettatore in un appassionante viaggio all'insegna del felice connubio tra improvvisazione, essenza stessa del jazz, e codici ancestrali della bharata natyam, la millenaria danza sacra dell'India del Sud.


Omkara
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