drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Medici mitici

di Roberto Fedi
  La cittadella
Data di pubblicazione su web 04/03/2003  
Inutile fare i nostalgici e ricordare la 'mitica' (così dicono quelli che se la ricordano) Cittadella in bianco e nero, interpretata dal 'mitico' (anche lui) Alberto Lupo e da Anna Maria Guarnieri (bravissima, altro che 'mitica') nel lontano e 'mitico' (anche quello) 1964, con la regia del 'mitico' (e ridài) Anton Giulio Majano, come dire l'Omero dello sceneggiato.

Allora fu un successo che sconfinò nella passione: Alberto Lupo, che era un modesto attore con una voce impostata o piuttosto da crooner (infatti incise anche un disco con Mina, Parole parole, che sembrava di per sé una parodia) ne derivò una fama tale che per strada la gente gli chiedeva le ricette: il suo dottor Andrew Manson fu uno dei primi esempi di identificazione fra un interprete e il suo personaggio nella storia della televisione italiana.

Personalmente non ci ricordiamo neanche un'inquadratura dello sceneggiato di allora: l'età l'avevamo, ma avevamo anche cose più divertenti da fare che starcene in casa a delirare per il dottore. Quindi siamo immuni dalla nostalgia. E ci siamo messi a guardare la nuova Cittadella di Fabrizio Costa, con il simpatico Massimo Ghini e Barbora Bobulova (Rainuo, prima puntata 2 marzo), con curiosità e senza pregiudizi. Neanche verso Cronin, che era un medico-scrittore senza genio, ma capace di romanzacci strappalacrime. Tanto che già King Vidor trasse dallo stesso romanzo un filmone, niente male, nel 1938: The Citadel, con Robert Donat e Rosalind Russell, un capolavoro del melodramma anteguerra.

Il problema della fiction Tv è che non è paragonabile a un film (ha tempi diversi e più lenti, recitazione qualche volta statica, ambientazione meno realistica, molti interni, inquadrature con troppi primi e primissimi piani ecc.), e però non è neanche una trasposizione teatrale. Una volta, agli inizi della televisione, era diverso: gli attori venivano tutti dal teatro (un attore di cinema non avrebbe mai fatto sceneggiati Tv), e le sceneggiature, i dialoghi, le scene, gli sfondi, le entrate degli attori, tutto insomma, aveva una cadenza teatrale.

Quindi - non abbiamo visto l'edizione del 1964 ma siamo pronti a scommetterci - le approssimazioni e i tempi lunghi erano riscattati da questa atmosfera: lo spettatore credeva, in sostanza, di essere non in un ambiente reale e neanche verosimile, ma in una commedia, lui stesso partecipe e con l'attore lì vicino da poterlo toccare. Per questo si appassionava all'attore-personaggio, quasi come se l'avesse aspettato fuori del teatro per un autografo.

Ora sono tutti mediamente più bravi, e soprattutto i costumisti, gli scenografi, chi ha curato la fotografia. Anche troppo. Si nota qui, nella nuova Cittadella, il difetto - anzi, l'eccesso - che è ormai comune a tutte le fiction Tv 'alte': tutto è troppo curato, troppo bello, troppo elegante. Gli interni borghesi sono meravigliosi; quelli operai più che altro pittoreschi (eppure siamo in un povero villaggio di minatori nel 1920); i costumi bellissimi. La fotografia è calda come in un settimanale di moda. Quando nottetempo il buon Manson fa esplodere una fogna inquinata con la dinamite, sembra un bel botto di capodanno fuori da un rustico elegante, prima del brindisi con Moët & Chandon.

Qui Massimo Ghini, per essere un medico delle miniere del Galles del 1920 e senza un soldo, ha un guardaroba niente male; non ha mai un capello fuori posto neanche quando fa nascere un bambino in condizioni estreme (tutta la scena è senza pathos); ha un berretto nuovo di zecca che sembra un caschetto da motociclista (e così i minatori in assemblea: e questo è un po' meno plausibile); colletto immacolato anche quando ha sudato sette camicie per un parto prematuro. E la recitazione è a mezza strada fra la monotonia e l'impegno: insomma, come in uno spot ben curato e che però dura quattro puntate (lunghette).

Rispetto ad altre fiction Tv, questa è comunque sicuramente migliore, più accurata, meno imbalsamata. Si lascia vedere, insomma, e ha il grande pregio (raro nelle fiction) di non utilizzare il flashback, almeno per ora. I dialoghi sono accettabili (non sempre: "forse nella nostra vita non c'è posto per l'amore", dice assorto Manson al medico paralitico, mentre la di lui moglie se la sta platealmente spassando a tutto spiano nell'altra stanza con l'amante, fra mugolii e gridolini - scena a dir poco involontariamente comica).

Non susciterà comunque fenomeni di divismo (i tempi cambiano), e Massimo Ghini, pur bravo anche se un po' meno nelle scene tragiche, non interpreterà canzoncine con Mina. Anche perché il suo accento romanesco, pur tenuto a freno, affiora qua e là quando uno meno se lo aspetterebbe: "Te lo gggiuro", promette al padre minatore morente che vuole che faccia il medico. Il fatto è che romanzi, romanzetti, sceneggiati, serials sui medici, dal 1964 in poi, ne abbiamo visti troppi: medici all'ospedale, in famiglia, in Italia, a Chicago…. Quasi quasi ci iscriviamo a Medicina. Non si sa mai. Una particina in una fiction magari ci scappa.


La cittadella

cast cast & credits
 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013